Internet ha cambiato il mondo dell'informazione, ma non lo ha stravolto del tutto: alcuni fenomeni oggi attribuiti dai più alla digitalizzazione delle notizie esistono già da ben prima, ma sono stati di molto amplificati da una circolazione delle news ben più veloce di prima.
Concetti come quello di "viralità" un tempo non esistevano, ma oggi possono diventare un problema se applicati al mondo dell'informazione. Specialmente al mondo della cattiva informazione, quella delle fake news.
Le notizie false, o in qualche modo manipolate, traggono oggi come ieri una incredibile forza da una pratica giornalisticamente scorretta, ma che spesso i giornali adottano senza farsi troppi scrupoli: il clickbaiting, cioè il titolo "acchiappa click".
Un fenomeno che inizia ad avere delle ripercussioni sociali, politiche e persino sanitarie (basti pensare all'informazione ai tempi del Coronavirus) decisamente importanti e che molti credono vada arginato.
Ci si sta provando anche con l'intelligenza artificiale, partendo dall'idea che risolvendo il problema del clickbaiting (filtrando i titoli con gli algoritmi) si può risolvere almeno in parte quello elle fake news. Ma uno studio Pennsylvania State University mostra che i risultati non sono ancora soddisfacenti e che, in fin dei conti, fake news e titoli acchiappa click non sono per forza collegati.
Clickbaiting: definizione
Non esiste una definizione unica e universalmente accettata di clickbaiting: quello che per alcuni è chiaramente un titolo clickbait per altri non lo è affatto.
I ricercatori della Pennsylvania State University hanno per questo formalizzato una loro definizione di titolo acchiappa click. Per essere clickbait un titolo deve avere almeno una di queste sette caratteristiche:
- Contenere una domanda
- Contenere un elenco
- Contenere una parola "Wh" (Who, What, Where, When, Why, cioè Chi, Che cosa, Quando, Dove, Perché)
- Contenere un aggettivo dimostrativo (questo, quello...)
- Contenere un superlativo positivo
- Contenere un superlativo negativo
- Contenere una forma verbale come Potrebbe, Dovrebbe, Vorrebbe
Clickbaiting: lo studio
In un primo esperimento ricercatori hanno quindi estrapolato otto titoli da diversi giornali online, ritenuti più o meno attendibili, e li hanno fatti classificare ad un algoritmo di intelligenza artificiale in base a quante caratteristiche del clickbaiting contenevano.
Poi hanno fatto leggere gli articoli con questi titoli a 150 lettori umani per misurare quanto il titolo clickbait (o, almeno, ritenuto tale dall'algoritmo) favorisse la lettura integrale dell'articolo e la sua condivisione.
Il risultato, spiegano i ricercatori, è stato diverso da quanto si potesse prevedere: non è stato misurato un netto "vantaggio" derivante dal clickbaiting e, al contrario, le percentuali di lettura e condivisione tra gli articoli con titolo giornalisticamente corretto e articoli con titolo clickbait sono state simili.
"Una delle domande che ci eravamo inizialmente posti era quale di quelle caratteristiche del clickbait avrebbe attirato più clic - ha spiegato Maria Molina, Assistant professor di Marketing e Pubbliche relazioni alla Michigan State Uiversity, nonché l'autore principale dello studio - Volevamo esplorare più a fondo la questione, ma quando abbiamo analizzato i risultati ci siamo resi conto che non c'erano differenze significative e, semmai, le persone erano più attratte dai titoli non clickbait".
In un secondo esperimento, condotto dallo stesso team di ricerca ma con 249 partecipanti, sono stati assegnati ad ogni lettore altri otto titoli: sette chiaramente clickbait e uno non clickbait. Tutti gli articoli sono stati scritti dallo stesso autore, un ex giornalista, e trattavano lo stesso argomento politico.
Questo secondo esperimento, quindi, serviva per ridurre le variabili in gioco: un solo autore, un solo argomento, cambia solo la presenza o meno del titolo clickbait. Anche in questo caso il risultato ha sorpreso i ricercatori: i lettori si sono concentrati in maggior parte sui titoli non clickbait.
Clickbait e intelligenza artificiale
Il team di ricerca ha condotto un terzo studio, questa volta finalizzato a scoprire l'efficacia di diversi algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning usati per scovare il titolo clickbait. Anche in questo caso il risultato ha stupito: i modelli spesso erano in disaccordo sul fatto che il titolo fosse clickbait o meno.
Lo studio ha infatti mostrato che i quattro modelli di intelligenza artificiale usati concordavano sulla classificazione dei titoli clickbait solo il 47% delle volte. Dei 175 titoli classificati come simili dai quattro algoritmi, 139 sono stati identificati come clickbait e 36 non erano clickbait.
Il livello di accordo tra i sistemi variava anche in base al tipo di titolo: mentre i quattro algoritmi hanno concordato più volte nel definire clickbait un titolo contenente un aggettivo superlativo negativo, molte meno volte hanno dato risultati simili con le altre sei caratteristiche.
Quando i titoli classificati da ciascun modello sono stati valutati rispetto al numero di clic prodotti, invece, tre dei quattro modelli hanno mostrato costantemente che aggettivi dimostrativi, elenchi e parole "wh" attiravano più coinvolgimento dei lettori rispetto ai titoli non clickbait.
"Poiché questi modelli di apprendimento automatico sono stati prodotti solo negli ultimi decenni, abbiamo molte varianti - spiega Dongwon Lee, professore di Scienza dell'informazione e tecnologia alla Pennsylvania State University - Alcune di queste varianti sono molto semplici, alcune funzionano molto velocemente, altre sono più complicate e richiedono molte risorse di calcolo. È come quando monti una scrivania: puoi fare il lavoro con un cacciavite che costa 5 dollari, ma probabilmente puoi fare il lavoro più velocemente con un trapano elettrico che costa 50 dollari".
In altre parole: usare gli algoritmi di intelligenza artificiale e machine learning per scovare automaticamente i titoli clickbait è possibile, ma per avere buoni risultati bisogna impiegare molte risorse di calcolo e, ancor prima, molto tempo e molti dati per addestrare gli algoritmi a sufficienza. E, in ogni caso, è difficile avere risultati uniformi tra un algoritmo e l'altro.
Clickbaiting e fake news
Alla luce di questi studi, come interpretare il rapporto da titoli clickbait e fake news? Dai risultati sembrerebbe che spendere molti soldi per filtrare i titoli clickbait, al fine di bloccare la diffusione delle notizie false, non sia ancora una strategia efficace e affidabile nella maggior parte dei casi.
I ricercatori propongono una chiave di lettura interessante: la popolarità riscossa in passato dai titoli clickbait potrebbe essere una delle ragioni del fallimento dei titoli di questo tipo nel coinvolgere i lettori che hanno partecipato agli esperimenti. Il clickbait, in pratica, sarebbe ormai talmente onnipresente nei media di oggi da non riuscire a distinguersi e ad attirare i lettori come una volta.
Ciò vuol dire che in futuro vedremo sempre più fake news con titoli giornalisticamente corretti? No, probabilmente no perché il titolo clickbait ha un vantaggio, anche legale: è vago, indefinito e, per tanto, spesso inattaccabile in tribunale.