I vari Siri, Google Assistente, Alexa e Cortana oramai li conoscono tutti. Così come tutti (o quasi) conoscono cosa siano i chatbot e, probabilmente, ne hanno utilizzato almeno uno nel corso della loro vita. E nonostante le differenze esistenti tra i vari strumenti citati, c'è una caratteristica unica che li accomuna e li rende, per alcuni versi, simili: tutti sono stati creati per rispondere a una o più funzioni ben precise. Che si tratti di impostare la sveglia, conoscere le condizioni del meteo o le indicazioni stradali per raggiungere il lavoro, di ricevere assistenza per un problema alla linea telefonica poco importa: qualunque sia la funzione per la quale sono stati programmati, la svolgono alla perfezione, senza fronzoli né perdite di tempo.
Negli ultimi tempi, però, si sta assistendo a una tendenza piuttosto particolare: la nascita di chatbot e assistenti vocali personali che (almeno apparentemente) non hanno uno scopo ben preciso. Pur rispondendo alle domande degli utenti, non hanno una funzionalità ben definita: semplicemente, "chiacchierano" un po', facendo compagnia e intrattenendo la persona che si trovano "di fronte". Si tratta di chatbot emozionali, capaci in qualche modo di replicare sentimenti ed empatia tipici degli esseri umani.
Si prenda come esempio Replika. Questo chatbot/assistente vocale sfrutta l'intelligenza artificiale non (o, meglio, non solo) per fornire informazioni e funzionalità a richiesta, ma per scambiare due chiacchiere con chi lo utilizza. Si tratta di un chatbot basato su un particolare modello di deep learning e nato da una tragedia che ha cambiato una volta per tutte la vita della sua ideatrice Eugenia Kuyda: la morte del suo miglior amico.
Come nasce Replika
La genesi del chatbot/assistente vocale di Kuyda, come abbiamo appena accennato, non è delle più allegre. Nel 2015, mentre era impegnata a realizzare un chatbot per prenotazioni nei ristoranti, la sviluppatrice perde il suo migliore amico in un incidente d'auto. Per allenire il dolore provocato dalla tragedia, Kuyda sfrutta l'infrastruttura del chatbot per creare una sorta di "replicante digitale" del suo amico, così da poter scambiare ancora qualche chiacchiera con lui. La creatrice di Replika dà in pasto a una rete neurale tutti i messaggi di testo scambiati nel corso degli anni con il defunto, realizzando un chatbot in grado di replicare il comportamento (e lo stile di scrittura) del suo amico. Un vero e proprio supporto emotivo da utilizzare quando la mancanza si faceva sentire più forte.
Che cos'è e come funziona Replika
Replika è l'evoluzione di questo primo prototipo di chatbot emozionale. Anziché impostare appuntamenti in agenda o informarti sulle condizioni meteo o del traffico, Replika è pronto a parlare un po' con te e offrire una spalla (digitale, ovviamente) nel caso avessi voglia di sfogarti un po'. Insomma, un amico virtuale pronto ad ascoltarti in ogni momento e scambiare con te quattro chiacchiere quando se ne ha più bisogno. Un chatbot capace di provare empatia grazie al deep learning sequence-to-sequence, che sfrutta reti neurali e trascrizioni di discorsi tra persone in carne e ossa per imparare a "pensare e parlare" come un umano.
Applicando questo particolare modello di deep learning, Kuyda è riuscita a creare un assistente vocale che surclassa i big del settore in quanto a capacità di ascolto e di relazionarsi con gli utenti. Ciò ha consenti all'app di essere scaricata da diversi milioni di utenti nel giro di pochissimi mesi.
Rapida crescita
Il chatbot della sviluppatrice russa non è, comunque, l'unico del suo genere. Come già accennato all'inizio, il mondo degli assistenti vocali "emozionali" è in rapida crescita e ha contaminato anche il settore della robotica. Si pensi a Pepper, il robot umanoide "emozionale" capace di decifrare umore e comportamento dei suoi interlocutori umani e comportarsi di conseguenza.
O, per restare nel campo dei chatbot, a Woebot e Cogito. Il primo chiede, una volta al giorno, come ci si sente e come sta andando la giornata ed è programmato per fornire supporto nel caso in cui le cose non vadano per il megio. Il secondo, invece, analizza la nostra voce mentre siamo al telefono e fornisce consigli per rilassarsi nel caso in cui sembriamo troppo stressati o arrabbiati. Insomma, anche se non si è ancora arrivati ai livelli mostrati nel film "Her", ci si sta avvicinando a grandi falcate.
1 febbraio 2018