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Biohacking, cos'è e quali i campi di applicazione

Nata nella seconda metà degli Anni '80, questa pratica conosce il suo periodo d'oro a partire dal 2005. L'obiettivo è allargare la partecipazione alla ricerca scientifica

Biochip impiantati sottopelle

Con una comunità di appassionati in continua crescita, il bio-hacking è una delle ultime tendenze nel campo della ricerca scientifica e informatica. Già teorizzata sul finire degli Anni '80, questa disciplina conosce il suo primo momento d'oro nel 2005 quando inizia a diffondersi nella community di programmatori e maker dell'area di San Francisco. In quello stesso anno la rivista statunitense Wired dedica un articolo alla biologia fai-da-te certificando, di fatto, la nascita di una nuova "disciplina".

 

Biochip

 

Cos'è il biohacking

Con il termine bio-hacking si indica la pratica di interagire e intervenire su aspetti biologici del proprio corpo per migliorarne prestazioni e stato di salute. Tra i metodi più utilizzati troviamo l'assunzione di nootropi e altre smart drug per migliorare la concentrazione, la memoria e l'intelligenza; l'utilizzo di dispositivi informatici e cibernetici per tenere traccia delle proprie prestazioni fisiche (rientra in questo settore anche un normale activity tracker); l'impianto di piccoli dispositivi informatici (detti bio-chip) sottopelle per gli scopi più disparati (dal riconoscimento personale all'interazione con automobili e dispositivi hi-tech, passando per chip in grado di monitorare lo stato di salute o la qualità dell'aria che ci circonda); la sequenziazione del DNA tramite tecniche di ricerca avanzate.

 

Grinder con biochip impiantati sottopelle

 

Il termine scelto per "individuare" questa pratica è tutt'altro che casuale. La crasi tra le parole "biologia" e hacking sta a testimoniare l'impegno di un'intera comunità di ricercatori e scienziati ad applicare i concetti e le pratiche dell'hacking (del white hat hacking in particolare) alla biologia. L'obiettivo di fondo è quello di trasformarla in una disciplina aperta e condivisa, alla quale tutti possono portare il loro contributo in termini di risultati e test scientifici.

 

Biochip

 

Biologia do-it-yourself

Di pari passo con il concetto di biohacking si è sviluppata anche il cosiddetto do-it-yourself biology (biologia fai da te in italiano), movimento sociale biotecnologico all'interno del quale individui, comunità e piccole organizzazioni portano avanti studi di biologia e scienze della vita utilizzando gli stessi metodi e mezzi della ricerca tradizionale. La DIY biology è intrapresa prima di tutto da persone con una solida formazione scientifica, che in passato hanno già condotto ricerche nell'ambito della biologia e non solo. Queste persone hanno svolto poi il ruolo di tutor, formando una nuova generazione di ricercatori "casalinghi" pronti a collaborare con la comunità scientifica "riconosciuta".

 

Bio-chip

 

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Il movimento DYIbio, comunque, punta a riformare la concezione che solo professori e ricercatori accademici possano portare un contributo significativo alla comunità scientifica biologica. Dà modo, invece, a un gran numero di piccolo organizzazioni e individui di partecipare alla ricerca e allo sviluppo della disciplina, favorendo la diffusione della conoscenza senza perseguire necessariamente un profitto economico.

La comunità grinder

 

Grinder con biochip

 

Al fianco dei biologi fai-da-te troviamo anche i cosiddetti grinder, ricercatori, scienziati o "semplici" persone che vogliono migliorare il loro corpo tramite l'impianto di dispositivi cibernetici di ogni genere (come bio-chip di memoria inseriti sottopelle). Il movimento Grinder è fortemente legato e associato al movimento per la modificazione corporea, e pratica l'impianto di dispositivi cibernetici in corpi viventi come metodo per favorire il transumanesimo.

A cura di Cultur-e
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