Non solo economia, meteo e programmazione urbanistica. I Big Data stanno acquisendo un'importanza sempre maggiore nella ricerca scientifica a tutto tondo, con un occhio di riguardo alla medicina. L'analisi di grandi quantità di dati potrebbe rappresentare una vera e propria “Rivoluzione tolemaica” per l'intero settore, con vantaggi per i servizi sanitari nazionali e per i pazienti.
I Big Data nella sanità
Sfruttare i Big Data nel campo medico comporterebbe un rinnovamento radicale tanto della ricerca scientifica quanto della stessa professione medica. Vinod Khsola, fondatore di Sun Microsystem, si spinge a dire che l'attuale scienza medica è paragonabile alla stregoneria e nel giro di appena 10 anni la scienza dei dati farà di più per la medicina di tutte le scienze biologiche messe insieme. Forse un'analisi sin troppo estrema ma i Big Data rappresentano una grande opportunità per lo sviluppo dell'intero settore medico. Grazie all'analisi dei grandi dataset, si potrà avere uno scambio di informazioni più veloce ed efficace, creando uno spazio per nuove scoperte e interpretazioni terapeutiche.
A livello diagnostico potrebbero ben presto essere registrati i primi significativi progressi. Ad esprimere il “verdetto finale” sarebbe sempre il medico curante o lo specialista cui ci si è rivolti ma le diagnosi sarebbero prodotte anche con l’ausilio di “equipe virtuali", estese a livello nazionale se non addirittura mondiale, alle quali il singolo professionista potrà appoggiarsi.
Abbattimento dei costi
Un altro dei vantaggi immediati dell'utilizzo dei Big Data nel campo medico è relativo ai costi delle cure mediche e della ricerca scientifica. Il Sistema sanitario nazionale, ad esempio, potrebbe giovarne per analizzare al meglio il rapporto costi-benefici di ogni terapia e trarre il massimo vantaggio in termini di sviluppo delle conoscenze mediche dai trial clinici.
L'analisi dei Big Data, inoltre, accompagnerebbe medici e specialisti nel loro lavoro quotidiano, permettendo di tagliare i costi di formazione, di aggiornamento e di ricerca delle informazioni. Per gli operatori sanitari, inoltre, ci sarebbe un aumento della diffusione delle conoscenze a loro disposizione: ciò potrebbe portare al miglioramento dell'efficacia delle terapie e delle cure, a tutto vantaggio dei pazienti finali.
Cura su misura
Un aspetto interessante dell'applicazione dei Big Data in campo medico è quella che porta alla cosiddetta “cura personalizzata”. L'analisi statistica del patrimoni genetico di ogni singolo paziente, legata alla loro storia clinica e ai dati provenienti dalla letteratura medica, potrebbe portare allo sviluppo di piani terapeutici personalizzati. Sequenziando il genoma del paziente, i dottori potrebbero essere in grado di capire quale sia l'intervento più appropriato, diverso da quello standard, che abbia le maggiori possibilità di riuscita, minimizzando nel contempo gli effetti collaterali.
Big data e malattie rare
Discorso analogo per ciò che concerne la cura delle malattie rare. Gli specialisti che si occupano di questo particolare settore medico potranno usufruire di vantaggi immediati avendo accesso diretto ad una grande mole di dati, provenienti da tutto il pianeta, in luogo dei pochi dati normalmente disponibili a livello locale. Ciò potrebbe portare ad una sorta di coordinamento internazionale dei vari filoni di ricerca: anziché procedere in ordine sparso, i medici troverebbero giovamento dall'accesso ai dati di ricerca dei loro colleghi di altre strutture sparse per il mondo.
Un esempio virtuoso è quello dell'Istituto Rizzoli di Bologna, una delle eccellenze della ricerca medica italiana e mondiale. Tra i vari studi realizzati spicca quello del laboratorio di Bioinformatica clinica: qui i ricercatori sfruttano le proprietà di interoperabilità tipiche dei Big Data per studiare le basi genetiche dell’esostosi multipla ereditaria (1.700 casi seguiti in tutto il mondo) e dell’osteogenesi imperfetta (600 casi in tutto il mondo), due malattie molto rare che colpiscono il sistema scheletrico umano. Oltre ai benefici scientifici, l'utilizzo dei Big Data comporterà un notevole risparmio economico: si stima che il limitato ricorso agli esami in fase diagnostica produrrà un risparmio del 60% per il sistema sanitario nazionale e del 30% per quanto riguarda i costi di ospedalizzazione dei paziente.
Le implicazioni sulla privacy
Il rapporto tra Big Data e sanità, però, non è fatto esclusivamente di vantaggi e aspetti positivi. Come ogni argomento complesso ed ampio, nasconde diversi punti oscuri, primo tra tutti la protezione dei dati personali dei pazienti e possibile diffusione di informazioni sensibili.
Per ovviare a queste potenziali storture - comuni a tutti i filoni di ricerca che implicano l'utilizzo di Big Data - sono in fase di studio diversi approcci. Il più efficacie, almeno sino ad oggi, è quello della crittografia omomorfica, che consente di effettuare calcoli su dati cifrati senza aver bisogno di decrittarli (e quindi senza bisogno di estrarre i dati personali dei singoli pazienti che rimarrebbero sempre cifrati).