In questo momento storico gli utenti potrebbero essere portati a pensare che le nuove e le nuovissime tecnologie velocizzino e semplifichino il lavoro. Portando un miglioramento generale delle condizioni di vita dei diversi professionisti. Soprattutto di quelli impegnati nei cosiddetti lavori del futuro.
Ma uno studio recente dell’Institute for the Future of Work dimostra che le cose non stanno esattamente così. Soffermandosi sull’impatto reale delle tecnologie ICT, i tracker, gli strumenti di AI e i robot.
L’analisi mostra che alcune tecnologie rischiano di intensificare i carichi di lavoro, generando un senso di insicurezza, impotenza e frustrazione sui professionisti. E portando dunque a un peggioramento sia della produttività che del benessere.
Lo studio dell’Institute for the Future of Work
L’Institute for the Future of Work è stato co-fondato dall’avvocato del lavoro Anna Thomas, la tecnologa Naomi Climer e l’economista Premio Nobel Sir Christopher Pissarides. Si tratta di un istituto di ricerca e sviluppo indipendente, che analizza l’impatto delle nuove tecnologie sulla vita e il lavoro quotidiano.
L’ultima ricerca portata avanti dall’istituto tiene conto dei risultati ottenuti da un sondaggio sottoposto a oltre 6.000 persone. Domande che si concentrano sull’impatto sul benessere di quattro gruppi di tecnologie specifici.
I software basati su apprendimento automatico e intelligenza artificiale. Le principali tecnologie di ambito ICT, ovvero quelle legate a Informazione e Comunicazione. I robot e tutti quei dispositivi di sorveglianza che rientrano nella macro-categoria dei tracker wearable.
I risultati attestano come le tecnologie ICT abbiano un effetto più positivo che negativo sul benessere degli intervistati. Si pensi in tal senso ai laptop e i tablet, ma anche le app per la messaggistica istantanea. Al contrario AI, robot e tracker sembrano peggiorare sia l’efficienza che lo stato di salute delle persone.
Come utilizzare le nuove tecnologie?
Lo studio dell’Institute for the Future of Work analizzato nei capoversi precedenti ha destato non poca preoccupazione nella platea internazionale. Ma attenzione a pensare che i risultati vadano tradotti come un attacco alle nuove tecnologie.
In tal senso vanno tenute in considerazione le dichiarazioni della dottoressa Magdalena Soffia, autrice e coordinatrice del progetto. Soffia spiega infatti che i fattori di rischi non si legano in assoluto all’uso di nuove tecnologie applicate al lavoro. Quanto piuttosto alle modalità e le tempistiche di utilizzo della tecnologia.
È dunque una questione di contesto, sottolinea Soffia, di condizioni ambientali e di implementazione della tecnologia all’interno del singolo progetto. Allo stesso tempo i risultati dello studio chiamano una serie di considerazioni di carattere più generale.
Ad esempio invitano ad andare oltre l’idea scontata di un’intelligenza artificiale in grado di migliorare le condizioni lavorative dell’essere umano. Così come mostrano che il tracciamento e il monitoraggio costante delle attività possono avere ripercussioni negative: tanto sulla sfera professionale, quanto su quella personale.
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