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Accessibilità e usabilità digitale, cosa sono

Con il continuo avanzamento tecnologico due aspetti diventano sempre più fondamentali per garantire la fruizione a tutti: cosa sono l'accesibilità e l'usabilità digitale

accessibilità digitale

Le tecnologie sono in costante evoluzione, sfruttate da un numero crescente di utilizzatori. È importante che siano adatte a ognuno, indipendentemente dalle velleità informatiche o condizioni specifiche. Infatti, sebbene il progresso sia in grado di tagliare le distanze, se non è ben realizzata può fungere da profonda discriminante: ecco perché accessibilità digitale e usabilità sono importanti.

Che si abbia o meno dimestichezza con i computer, che si sia giovani o anziani, con disabilità o difficoltà di comprensione della lingua, senza dimenticare chi può fare affidamento solo su strumenti informatici obsoleti per cause diverse. La digitalizzazione dei processi deve tenere in grado di tutte queste eventualità quando diventa protagonista. Se ciò non accade, il rischio è che qualcuno venga “tagliato fuori” dall’esperienza, con ripercussioni sia sociali che economiche.

Accessibilità e usabilità: di cosa si tratta

accessibilità digitaleAbbracciano due concetti diversi ma, come appare evidente, accessibilità e usabilità vanno in sincrono. Se il primo termine indica il diritto di avvalersi di sistemi o servizi informatici, il secondo concerne più direttamente la semplicità di utilizzo e di apprendimento della gestione degli stessi. Nello specifico, a definire puntualmente il significato di “accessibilità” è stata la Legge 4/2004 (“Legge Stanca”): “la capacità dei sistemi informatici di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari”.

Per quanto riguarda l’usabilità, è l’I.S.O. (International Organization for Standardization, nota in Italia come Organizzazione internazionale per la normazione) a descriverla al meglio: "l'efficacia, l'efficienza e la soddisfazione con le quali determinati utenti raggiungono determinati obiettivi in determinati contesti". In pratica, definisce il livello di facilità e appagamento con cui si compie il dialogo tra l'uomo e uno strumento.

Rendere accessibile un apparecchio informatico, quindi, significa eliminare le problematiche che potrebbero risultare insuperabili.

Si può immaginare a un video non sottotitolato per un sordo o con problemi dell’udito o a un sito web di un servizio realizzato con nuances molto simili o con poco contrasto per individui ipovedenti o con limitata visione dei colori. Sono due facce della medesima medaglia, idee che coesistono in un mondo costantemente legato al digitale. A questo, poi, bisogna aggiungere che circa un terzo della popolazione totale appartiene a una delle categorie già citate: è indispensabile modellare gli strumenti per soddisfare tali espressioni, evitando di lasciare indietro chi, per differenti motivi, potrebbe riscontrare degli ostacoli ad entrare nel loop tecnologico quotidiano, dal lavoro allo studio, fino alla più essenziale interazione con il prossimo.

accessibilità digitaleAccessibilità: la normativa che la tutela

Vi è tutta una legislazione, italiana ed europea, per promuovere l'accessibilità. Il primo esempio risale alla già citata Legge Stanca, dal nome del ministro proponente, ed è denominata “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”. Nel 2007, poi, è stata pubblicata la “Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità”.

L’articolo 19, in particolare, sottolinea i principi che regolano le opportunità di usufruire di dispositivi, “al fine di consentire alle persone con disabilità di vivere in maniera indipendente e di partecipare pienamente a tutti gli aspetti della vita, gli Stati Parti adottano misure adeguate a garantire alle persone con disabilità, su base di uguaglianza con gli altri, l’accesso all’ambiente fisico, ai trasporti, all’informazione e alla comunicazione, compresi i sistemi e le tecnologie di informazione e comunicazione, tra cui Internet”.

La Legge Stanca, invece, ha segnato un traguardo basilare, soprattutto in fatto di pubbliche amministrazioni e aziende che gestiscono processi a favore del settore pubblico.

La normativa prevede l'osservazione di speciali dettagli operativi e tecnici affinché i siti web e le web app risultino accessibili da chiunque. I requisiti riportati nel Decreto Ministeriale che regola la Legge, attingono alle linee guida redatte dal World Wide Web Consortium (W3C), organismo internazionale che ha messo stilato una serie di standard per il Web, chiamati WCAG, acronimo di Web Content Accessibility Guidelines. Le direttive coprono ogni fase della realizzazione di siti e web application, dalla progettazione allo sviluppo, seguite dalle attività di verifica per constatare il completo rispetto degli attributi imprescindibili stabiliti dalle regole WCAG. Le analisi, poi, devono essere effettuate da figure competenti, con una conoscenza approfondita delle tecnologie assistive che vengono usate da chi ne ha bisogno per interagire con il web (dagli screen reader alle tastiere braille, puntatori mouse, etc.).

Accessibilità e usabilità, a che punto siamo?

accessibilità digitaleNel corso degli ultimi anni, sono sempre di più le applicazioni e i siti web, non esclusivamente afferenti alla PA, a scegliere un approccio accessibile e usabile. Basti pensare alle fasi iniziali della pandemia, quando le piattaforme di videoconferenza sono diventate il mezzo cardine per poter proseguire le attività lavorative lontano dall’ufficio: Zoom ha integrato un sistema di sottotitoli automatico o manuale, mentre Google Meet ha esteso il live caption inserendo nuove lingue a quelle già disponibili.  Slack, programma di collaborazione utilizzato da molti team, ha migliorato la compatibilità con gli screen reader, rendendo più semplice la fruizione dei contenuti da quella di una fascia di pubblico che, prima, non sarebbe riuscita ad accedere in altro modo.

Parliamo di piccole integrazioni che, a volte, passano inosservate ma che ricoprono un rilievo vitale per chi ne usufruisce quotidianamente.

La scelta dello smart working, ha semplificato la quotidianità dei disabili dal punto di vista lavorativo. Ecco dunque l’importanza della compatibilità e retrocompatibilità con apparecchi più datati ma ancora diffusi, del rispetto delle regole del W3C e della legislazione: se tutto risulta funzionante su sistemi assistiti (non necessariamente all’ultimo grido), anche quel terzo della popolazione più svantaggiato può avere la certezza rimanere al passo con gli altri. È parimenti necessario mettere a disposizione il giusto training a chi è chiamato a realizzare i servizi, al pari degli utilizzatori finali. Forniti i tool necessari, è fondamentale viaggiare sulla stessa lunghezza d’onda per muoversi in parallelo, scongiurando eventuali rallentamenti di marcia.

A cura di Cultur-e
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