Il concetto di Web 3.0 è molto più ampio di quanto non si potrebbe immaginare. Questo termine infatti richiama a sé tante tecnologie differenti e un numero impressionante di loro possibili applicazioni.
Parlare di Web 3.0 significa infatti parlare di sviluppo dell’intelligenza artificiale: della creazione di contenuti altamente interattivi, di video tridimensionali immersivi, di app ogni giorno più performanti.
Allo stesso modo però, parlare di Web 3.0 significa anche parlare di un Internet in cui tutti gli elementi saranno ancora più collegati tra loro. Una rete che potrebbe trasformarsi in un vero e proprio database globale.
Infine, significa ovviamente parlare di un’ulteriore evoluzione di Internet. Di un mondo che porterà ancora avanti le possibilità messe a disposizione prima dal Web 1.0 e, successivamente, dal Web 2.0.
Una breve storia dell’evoluzione di Internet
Prima di entrare nel merito del Web 3.0 e della sua definizione, è sicuramente utile ripercorrere almeno i passaggi fondamentali che hanno portato a Internet così come lo conosciamo.
L’idea di una rete di telecomunicazioni in grado di connettere dispositivi e terminali prende forma durante gli anni ’60 del Novecento.
La prima comunicazione scientifica che parla di una rete di computer mondiale è datata 1962, mentre il celebre progetto ARPANET è datato 1969.
Detto questo, l’anno chiave per la diffusione globale di Internet è il 1993, ovvero l’anno in cui il CERN rese pubblica la tecnologia alla base del World Wide Web.
Nella sua prima concezione, Internet avrebbe dovuto essere una rete dedicata allo scambio di informazioni dentro la comunità scientifica e determinate associazioni governative.
Col passare degli anni però i computer connessi crebbero a dismisura. Con loro, si svilupparono parallelamente sia i servizi offerti dal web, sia le tecnologie in grado di rendere la navigazione sempre più rapida e intuitiva.
Web 1.0
I primi siti web, quelli che oggi vengono definiti esempi del Web 1.0, erano dei contenuti statici. Le pagine Internet non erano dunque troppo diverse da quelle di un libro o, per restare in ambito computeristico, da quelle di un foglio Word.
Anche nel caso in cui le pagine contenessero immagini o magari video, il loro scopo rimaneva comunque la consultazione passiva da parte dell’utente.
Ciò vuol dire che non era previsto alcun tipo di interazione tra il visitatore e il contenuto.
Anche il web 1.0 è stato caratterizzato da determinati step di sviluppo. Una crescita che però ha riguardato soprattutto la realizzazione di architetture ipertestuali sempre più ricche e complesse.
Fu proprio la necessità di trasformare il web in un luogo più dinamico a dare il là alla rivoluzione che avrebbe portato prima al Web 1.5 e, successivamente, al Web 2.0.
Web 2.0
Il passaggio intermedio tra il Web delle origini e il Web 2.0 è stato il sopracitato Web 1.5: il web del linguaggio di programmazione PHP, dei primi forum e dei primi blog. Luoghi virtuali in cui l’utente non si limitava a fruire dei contenuti già presenti, ma in cui poteva anche crearne di nuovi.
Quindi si è arrivati al Web 2.0, che viene generalmente associato all’editore Tim O’Reilly e alla sua “Web 2.0 conference” del 2004. Una specie di nuova release della rete: un nuovo Internet dinamico, in cui le applicazioni diventavano in grado di interagire attivamente con l’utente.
Il Web 2.0 è un nuovo Internet dinamico, in cui le applicazioni diventano in grado di interagire attivamente con l’utente.
A ciò si aggiunga che, nel Web 2.0, l’utente non si limita a essere parte attiva nel momento in cui crea un contenuto. Al contrario, svolge un ruolo dinamico anche nel momento in cui fruisce dei siti e delle pagine.
La rete 2.0 prevede infatti l’affermazione del cosiddetto “User Generated Content” (“Contenuto Generato dagli Utenti”). Un presupposto che, da una parte, fa riferimento alla possibilità di creare post sui social, contributi wiki, podcast e molto altro.
Dall’altra parte, lascia spazio anche alla possibilità che le informazioni mostrate sul web vengano modificate ad hoc, in base a tutta una serie di dati generati precedentemente da ogni singolo utente.
Il futuro: il Web 3.0
Se si prova a effettuare una ricerca del tipo “Web 3.0 definizione”, si rischia di rimanere delusi. Il termine Web 3.0 infatti non fa riferimento a una singola innovazione tecnologica, quanto piuttosto a tante diverse possibilità che potrebbero caratterizzare il futuro della rete.
Una di queste consiste nel trasformare l’intero web in un gigantesco database globale, in maniera tale da semplificare l’accesso ai contenuti a tutte quelle app che non siano browser.
Un’altra prevede un utilizzo sempre più approfondito dell’intelligenza artificiale, del machine learning e del deep learning.
Un’ulteriore ipotesi di web 3.0 è invece legata alla realizzazione del cosiddetto “web semantico”: un web in cui tutti i contenuti saranno legati a parole chiave specifiche, in modo tale da rendere le ricerche molto più veloci.
Va infine considerato che i diversi ambiti di sviluppo del Web 3.0 non sono realtà autonome e scollegate. Al contrario, si tratta di rami, tecnologie e paradigmi che, con ogni probabilità, si influenzeranno a vicenda in maniera sempre più netta.
Differenze tra il Web 3.0 e i suoi predecessori
Arrivati a questo punto sarà sicuramente utile riepilogare le differenze fondamentali che distinguono il Web 3.0 dai suoi predecessori.
Si è visto come il Web 1.0 prevedesse pagine all’insegna di contenuti statici. Un “read-only web”, in cui l’utente si limitava a “leggere” e in cui non poteva avere alcun genere di ruolo attivo.
Il web 2.0 viene invece definito “read-write web”: un web in cui l’utente può sia “leggere” che “scrivere”, tanto nei siti quanto all’interno delle diverse applicazioni.
Infine, il web 3.0, grazie all’intelligenza artificiale, propone a un rapporto ancora più approfondito tra uomo e macchina. Non a caso si parla di “read-write-interact web”: un web in cui l’utente potrà “leggere”, “scrivere”, ma anche “interagire” in maniera più ampia e libera.
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