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Spotify, disattivata l’app pirata per dispositivi Android

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Google e Spotify hanno dichiarato guerra alla pirateria, bloccata la versione modificata dell’app per lo streaming che elimina i limiti della versione gratuita

Spotify Chubo - my masterpiece/Shutterstock

In Breve (TL;DR)

  • Spotify, con il supporto di Google, ha bloccato Spotify Mod, l'app craccata su Android che permetteva l'accesso illegale ai servizi Premium.
  • Google ha introdotto la Play Integrity API, un sistema che rileva e disabilita le versioni modificate dei software installati sui dispositivi, contrastando la pirateria.
  • Questa misura è parte di una strategia più ampia per proteggere gli utenti e gli sviluppatori, impedendo l’uso di app illegali e potenzialmente dannose.

Spotify ha deciso ufficialmente di dichiarare guerra alla pirateria e, nello specifico, all’applicazione craccata che già da qualche anno circola sui dispositivi Android.

Per chi non lo sapesse, questa “particolare versione” della celebre app per lo streaming, altro non è che un software piratato che fa credere allo smartphone che l’utente che lo sta utilizzando ha un abbonamento premium.

In questo modo, l’ascoltatore in questione ha accesso (illegalmente) a tutti vantaggi di Spotify Premium ma senza spendere un euro.

Una comodità per molti, una truffa bella e buona per l’azienda e per Google che, proprio in questi giorni hanno deciso di rispondere con la forza.

Cosa sta succedendo a Spotify craccato

Da qualche giorno (o comunque già dalle prossime settimane) gli utenti che utilizzano Spotify Mod (questo è il nome ufficiale del’app pirata) hanno riscontrato dei malfunzionamenti che rendono impossibile riprodurre i contenuti sulla piattaforma, incluse le playlist e i brani salvati, a prescindere dal genere e dell’artista.

Dato che “errori” del genere sono piuttosto frequenti con questo tipo di applicazioni, in molti sono ripartiti alla ricerca di una nuova versione modificata ma, dalle prime informazioni a disposizione, non sembrano più reperibili e quelle ancora disponibili possono contenere dei malware.

Per il momento, quindi, l’unica cosa da fare è scaricare l’applicazione di Spotify dal Google Play Store e utilizzarla con il piano free che, però, impone diversi limiti, tra cui la pubblicità e l’impossibilità di mandare avanti più di un certo numero di brani all’ora.

In alternativa, si può sempre valutare di passare alla versione Premium e, ovviamente, pagare quanto richiesto per utilizzare l’applicazione al massimo delle sue potenzialità, legalmente.

La strategia di Google contro la pirateria

Spotify è solo la prima delle applicazioni che è finita nelle operazioni antipirateria di Big G che, come annunciato durante lo scorso Google I/O, sta implementando sui suoi device Google Play Integrity API.

Questo strumento, in sintesi, si occupa di verificare tutti i software installati (incluse le installazioni tramite apk) e ricercare eventuali modifiche rispetto alla firma e ai certificati consegnati all’azienda di Mountain View dagli sviluppatori di tali programmi.

Chiaramente, se il sistema di sicurezza rilevasse delle versioni modificate di un qualsiasi software farà in modo di impedirne l’utilizzo.

Questo riguarda solamente le modifiche illecite ai software mentre chi scarica un apk dal sito ufficiale o chi utilizza uno store di terze parti non avrà alcun problema e potrà prelevare il programma di cui ha bisogno come preferisce, a patto che si tratti di una release legale.

Questa strategia ha una doppia valenza: da un lato impedisce il proliferare di materiali illegali, come il caso di Spotify Mod, e dall’altro impedisce che gli utenti installino sui propri device applicazioni che, per volere degli sviluppatori, non sono compatibili con quello specifico modello, come la ben nota GCam riservata ai Google Pixel.

Infine bisogna sottolineare che questo sistema di sicurezza è ancora in fase di rollout e non è ancora disponibile per tutti i device ma lo sarà già dalle prossime settimane.

Oltretutto, sono ancora relativamente pochi i team di sviluppo che hanno accesso alla Google Play Integrity API, quindi il blocco potrebbe non applicarsi universalmente anche se nelle intenzioni del colosso della tecnologia c’è sicuramente la volontà di estendere la misura a tutti.

Per saperne di più:

A cura di Cultur-e
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