Gli utenti che si iniziano a interessare a una qualsiasi software open source devono scontrarsi con tutta una serie di falsi miti: credenze relative alla sicurezza e la qualità dei programmi senza limiti di utilizzo. Ma anche riguardanti la loro difficoltà di utilizzo e il senso profondo della loro gratuità.
La licenza software open source è un concetto legato al diritto d’autore applicato ai software informatici. Gli sviluppatori che optano per questa licenza decidono di permettere ad altri utenti di utilizzare le loro creazioni, ma non solo.
La licenza open source infatti offre anche la possibilità di intervenire sui programmi in questione. Di lavorarci su e di modificarli, con l’obiettivo di migliorare la loro qualità o di ampliare la loro offerta. Il tutto senza dover riconoscere denaro a uno o più creatori.
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1. Sicurezza e qualità dei software open source
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I primi falsi miti relativi alla licenza software open source riguardano la sicurezza di questo genere di programmi. Molti utenti sono portati a credere che i programmi open source siano tendenzialmente meno sicuri di quelli con licenza proprietaria.
In realtà è l’esatto opposto. La sicurezza di un software dipende soprattutto dalla sua capacità di aggiornarsi. Da una parte l’aggiornamento costante permette di risolvere eventuali falle o malfunzionamenti. Dall’altra permette di continuare a proteggersi dalle minacce esterne più recenti.
I programmi open source, per la loro natura pubblica e collaborativa, vengono controllati tanto quanto quelli con licenza software proprietaria. Anzi, in certi casi vengono revisionati molto di più e da un numero di persone sensibilmente superiore.
Questo non vuol dire che i software liberi siano inattaccabili. Semplicemente che sono tendenzialmente votati a un aggiornamento e una messa in discussione costanti.
Un altro falso mito riguarda la qualità dei programmi liberi, che a volte vengono considerati quasi di categoria inferiore rispetto a quelli venduti in negozi fisici e online.
Anche in questo caso non esiste alcun appiglio concreto che permetta di separare nettamente software open source e software closed source. La qualità di un programma dipende dalla qualità dei suoi sviluppatori, oltre che dalle risorse messe a loro disposizione.
Più che guardare alla licenza software, occorre dunque guardare alla storia del singolo progetto. Esistono casi di programma open source frutto del lavoro di organizzazioni incredibilmente complesse ed efficienti. Si pensi ad esempio a LibreOffice e a GIMP.
LibreOffice può essere considerato l’alternativa open source di Word: un programma di videoscrittura ricco di funzionalità, che gira correttamente sulla stragrande maggioranza dei sistemi operativi.
GIMP invece è una specie di corrispettivo gratuito di Photoshop. Non vanta il 100% delle funzionalità del suo collega, ma viene comunque considerato capace di ottenere ottimi risultati.
Esistono poi casi in cui i programmi open source diventano una vera e propria eccellenza di settore. È il caso ad esempio di VLC Player: un’app per la riproduzione multimediale scelta da milioni di utenti in tutto il mondo.
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2. Complessità e supporto dei software open source
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Molti utenti sono convinti che i programmi open source siano tendenzialmente più complessi di quelli a pagamento. Anzi, che si tratti addirittura di programmi pensati quasi esclusivamente per i programmatori o gli esperti di informatica.
Anche in questo caso si tratta di un vero e proprio falso mito. La licenza software, presa in sé, non ha niente a che vedere con l’usabilità di un programma. Né tanto meno con il suo target di riferimento.
Certo, per accedere al codice sorgente di un programma, modificarlo e aggiornarlo occorrono competenze anche molto avanzate. Ma i software open source sono pensati anche per un utilizzo semplice. E questo genere di uso è spesso e volentieri più che intuitivo.
Si pensi in tal senso al sopracitato VLC, ma anche ad Audacity e a Thunderbird. Il primo è un programma per l’editing audio, mentre il secondo è un’app per la gestione della posta elettronica. Entrambi sono dotati di licenza software open source ed entrambi sono davvero molto facili da utilizzare.
Un altro falso mito sull’open source riguarda l’assenza di supporto. Da una parte è sicuramente raro che un programma gratuito sia dotato di un servizio clienti dedicato. Cosa che invece capita con moltissimi software commerciali.
Dall’altra i progetti open source catturano l’interesse di vere e proprie comunità: appassionati di tecnologia e programmatori, che spesso mettono le loro competenze a disposizione di chiunque ne abbia bisogno.
Il supporto per i software liberi va cercato nel web: ad esempio all’interno dei forum online. Ma anche in pagine ad hoc che talvolta vengono create direttamente all’interno dei siti ufficiali del programma in questione.
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3. Gratuità e sostenibilità del software open source
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L’ultimo falso mito sulla licenza open software tira in ballo due concetti molto più complessi di quanto non si potrebbe immaginare. Da una parte quello di gratuità, dall’altra quello di sostenibilità economica.
Superficialmente si potrebbe pensare che un programma gratuito sia un programma destinato a generare perdite di denaro. In realtà le cose non stanno esattamente così.
Intanto perché le aziende o i team di lavoro devono per forza investire solo in programmi gratuiti. E poi perché anche i software open source a volte dispongono di finanziamenti ingenti.
Denaro che può provenire da donazioni, così come da canoni di abbonamento. Senza però impattare sulla natura libera e partecipativa del software che sta venendo sviluppato.
Infine è opportuno considerare che open source non significa necessariamente gratuito. Esistono programmi open source a pagamento, così come esistono programmi open source freemium.
In quest’ultimo caso l’utente può utilizzare gratuitamente una versione base del programma in questione. Ma deve pagare un prezzo fisso o sottoscrivere un abbonamento per usufruire della versione premium: una variante che offre funzionalità e servizi superiori.