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Le principali forme di cyberbullismo

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Per poter contrastare il cyberbullismo bisogna innanzitutto conoscerlo. Ecco le coordinate utili per inquadrare alcuni comportamenti sul web particolarmente pericolosi

cyberbullismo mani computer Shutterstock

Il cyberbullismo è una piaga della società contemporanea, che mette a rischio soprattutto la sicurezza online dei minori: ragazzi e ragazze che vivono una parte significativa delle loro giornate su Internet. 

Per il Miur è possibile parlare di cyberbullismo ogni qualvolta si verifichino fenomeni di bullismo in Rete. Parallelamente è possibile parlare di bullismo per descrivere diverse tipologie di azione o comportamento violento e aggressivo, che si pone l’obiettivo dichiarato di danneggiare una o più vittime

Detto un primo passo necessario per poter contrastare il cyberbullismo consiste nel conoscerlo in alcune sue sfaccettature fondamentali. Ad esempio andando a indagare alcune sue categorie: da una parte le forme di cyberbullismo legate all’invio di messaggi, come flaming, harassment, put-downs e cyberstalking

Dall’altra le forme di cyberbullismo legate che minacciano l’identità della vittima e le sue informazioni più sensibili: si pensi in tal senso a masquerade, exposure e trickery. Infine altre attività più difficilmente categorizzabili, ma non per questo meno gravi: l’exclusion da una parte, l'happyslapping dall'altra. 

  • 1. Flaming, harassment, put-downs e cyberstalking
    Cyberbullismo forme

    Shutterstock

    Non è facile categorizzare le diverse forme di cyberbullismo che imperversano in rete. Allo stesso tempo esistono delle indicazioni che permettono all’utente di avere per lo meno delle coordinate di base. Ad esempio è possibile raggruppare concettualmente tutte quelle forme di cyberbullismo che prevedono l’invio di uno o più messaggi di insulto a danno della vittima. 

    Una delle più popolari è il flaming, ovvero l’insulto pubblico, espresso all’interno di social network, forum, blog e simili. L’autore di questo attacco non solo vuole sminuire la vittima. Vuole che il pubblico del web assista all’insulto: vuole danneggiare la sua immagine online attraverso messaggi scritti di vario genere. 

    A volte il flaming è in qualche modo reciproco e in questo caso si parla anche di flame war: una vera e propria battaglia di insulti, che viene combattuta all’interno delle arene virtuali. Può anche capitare che dietro al flame non ci sia la reale intenzione di ferire qualcuno, quanto piuttosto il desiderio di creare confusione all’interno dello spazio virtuale in cui si opera. 

    Qualora gli insulti diventino paradossali e si percepisca un’evidente intenzione di provocare piuttosto che di ferire, è anche possibile parlare di flame trolling. Nel momento in cui un troll è un soggetto, spesso nascosto da un falso nome, che ha il solo obiettivo di disturbare la comunicazione

    Nel caso in cui l’attacco sia unidirezionale e reiterato, è possibile parlare anche di harassment o di put-downs: due termini che possono fare riferimento a diverse pratiche scorrette nell’ambito della comunicazione online. Dall’invio costante di messaggi sgradevoli tramite DM o email, all’utilizzo di post o commenti pubblici

    Infine tutte le pratiche di cui sopra talvolta possono sfociare nel cyberstalking, il corrispettivo virtuale dello stalking. Il cyberstalker perseguita e molesta verbalmente la sua vittima senza lasciare tregua. Con il rischio di generare in lei una condizione di ansia e di paura tali da rischiare di compromettere la sua quotidianità. 

  • 2. Masquerade, exposure e trickery
    Cyberbullismo donna computer

    Shutterstock

    Un’altra categoria di cyberbullismo che può essere delimitata riguarda gli attacchi che in qualche modo hanno a che fare con le informazioni personali della vittima. E in questo caso non è facile individuare il confine tra bullismo e vere e proprie truffe come ad esempio quelle di social engineering

    Si parla di masquerade nel caso in cui un utente rubi l’identità della vittima per screditarla pubblicamente. Il cyberbullo può appropriarsi delle credenziali della vittima, così come può creare ex novo un profilo che la riguardi. 

    L’obiettivo in questo caso non è appropriarsi di informazioni sensibili, quanto piuttosto danneggiare la vittima con attacchi verbali. Ad esempio utilizzando questo profilo per pubblicare contenuti scorretti, sgradevoli o addirittura degradanti

    Nel caso in cui il cyberbullismo porti alla diffusione di informazioni sensibili legate alla vittima è possibile parlare di exposure: un’altra attività online particolarmente nociva e pericolosa, che può sfociare in veri e propri reati. Si pensi in tal senso al revenge porn e, più in generale, alla diffusione di contenuti legati alla sfera dell’intimità fisica. 

    Infine il trickery è una forma di cyberbullismo che, da un certo punto di vista, non è poi così lontana dal phishing o dal sopracitato social engineering. In questo caso infatti l’utente sfrutta le vulnerabilità della vittima e la inganna al fine di carpire le sue informazioni personali. 

    La differenza fondamentale tra trickery e social engineering sta nel fatto che queste informazioni carpite con l’inganno non vengono utilizzate a scopo di lucro. L’unico obiettivo del tricker è offendere o umiliare la vittima, rendendo pubbliche conversazioni, foto o video privati.

  • 3. Altre forme di cyberbullismo
    Cyberbullismo dita puntate contro

    Shutterstock

    Purtroppo l’elenco delle forme di cyberbullismo che circolano sul web è ancora molto lungo e non sempre è possibile ricorrere a categorie come quelle di cui sopra. 

    Tra gli attacchi più subdoli e difficilmente inquadrabili è possibile citare l’exclusion: un termine usato per fare riferimento a tutte quelle attività che permettono di escludere la vittima da una conversazione o un gruppo sociale

    In certi casi l’exclusion ha a che fare con il semplice ghosting, ovvero la scelta consapevole di ignorare messaggi o richieste. Ma può anche legarsi ad altre forme di cyberbullismo descritte nei capoversi precedenti: dal flaming all’harassment, passando per masquerade, trickery o exposure. L’obiettivo è sempre lo stesso: far sì che la vittima venga ignorata e poi addirittura esclusa da uno o più luoghi virtuali. 

    Infine esistono forme di cyberbullismo legate a mode più o meno passeggere e che però risultano comunque molto gravi e pericolose. È il caso ad esempio del cosiddetto happyslapping: un’altra pratica che spessosi lega a reati penali veri e propri

    Si parla di happyslapping nel caso in cui uno o più utenti pubblichino un video in cui una o più vittime vengono molestate o percosse fisicamente. A ben vedere qui si parla di due attività violente ben distinte: la prima è l’attacco fisico della vittima. La seconda è la diffusione di riprese video per mostrare al pubblico del web le proprie azioni. 

    Per saperne di più: Cyberbullismo, cos'è e come difendersi

A cura di Cultur-e
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