Negli Stati Uniti, Google dovrà consentire sul Google Play Store la pubblicazione di applicazione realizzate da terze parti.
A stabilirlo è un Giudice Federale che ha imposto la cosa al colosso della tecnologia che, quindi, a partire dal prossimo mese si troverà costretto ad “aprire a tutti” il suo negozio digitale. Ecco quello che sappiamo e cosa cambia per i consumatori negli USA.
Google, il perché della decisione del giudice
La sentenza emessa dal Giudice Federale James Donato, chiude (almeno per ora) la causa che ha visto “sfidarsi” Big G e Epic Games, la celebre azienda produttrice di videogiochi tra cui Fortnite.
Causa che, come evidente, volge a favore di Epic Games, con la giuria che si è schierata dall’azienda, accusando Google di aver “schiacciato” vari competitor, controllando la distribuzione delle app e dei pagamenti sui device Android.
Chiaramente Google ha già affermato che presenterà ricorso contro la decisione e che, anzi, chiederà una sospensione dei rimedi proposti perché, stando sempre alle dichiarazioni dell’azienda di Mountain View, quest’opzione potrebbe mettere a rischio la privacy e la sicurezza dei consumatori.
Oltre a questo, si legge sempre nella nota, l’apertura dello store ad app di terze parti renderebbe più difficile per gli sviluppatori promuovere le proprie app e ridurrebbe la concorrenza sui vari dispositivi.
Inoltre, Big G ha sostenuto anche che il suo Google Play Store opera in un contesto competitivo, citando la concorrenza diretta: Apple con il suo store digitale anch'esso citato in giudizio da Epic Games nel 2020.
In questo caso specifico, però, il caso si è concluso con una sentenza della corte d'appello secondo cui Apple non ha il monopolio dei giochi sui dispositivi mobili.
Le conseguenze di questa sentenza
Molti esperti del settore hanno accolto questa sentenza come un “colpo” significativo al predominio sul mercato di pochi colossi della tecnologia, come Google, lodando anche la decisione del tribunale che, se il caso lo richiede, può anche andare contro un “sistema dominante”.
Oltretutto, la sentenza impone a Google di rendere disponibile il suo catalogo di app agli app store concorrenti, un fatto considerato una risposta molto efficace a una violazione delle leggi antitrust che potrebbe “ripagare il danno causato”.
Questo risultato, dunque, si aggiunge a altre “batoste” ricevute dal colosso della tecnologia sempre per motivi di concorrenza, come quella che l’ha accusato gestire un “monopolio illegale” nella ricerca online e nei sistemi di advertising.
Difficile prevedere se le cose andranno davvero meglio per gli sviluppatori e se lo strapotere di Google sarà davvero ridimensionato ma, intanto, si tratta di un piccolo passo verso un sistema di concorrenza sul web più giusto e più bilanciato che non può pendere esclusivamente dalla parte dei colossi della tecnologia ma che deve necessariamente affiancare anche le realtà più piccole che altrimenti finirebbero schiacciate dalle big tech.
Per saperne di più: Android, caratteristiche del sistema operativo