Linux è un mondo che si espande e si evolve di continuo, grazie soprattutto al lavoro della community che da sempre porta nuova linfa vitale nelle vene di questo sistema operativo.
Tra le ultime novità ben note agli esperti in materia ci sono le distribuzioni immutabili che, per certi versi, rappresentano quanto di più lontano dall’idea stessa di Linux ma, al contempo, sono comunque una novità interessante che può conquistare gli amanti dei sistemi open source anche se non sono pratici con le dinamiche di questo mondo e vogliono scoprirlo in totale sicurezza. Scopriamo di cosa si tratta.
Come funziona una distribuzione immutabile
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Una distro Linux immutabile può essere descritta in breve come se fosse un sistema operativo di sola lettura e cioè che non può essere modificato dall’utente.
In questo senso, quindi, nemmeno l’amministratore (colui che ha la master password) può apportare alcun cambiamento alla distribuzione, lasciando tutto esattamente come è stato partorito dalla mente del programmatore.
Se un qualsiasi elemento venisse modificato, accidentalmente o volutamente, il cambiamento sarebbe solo temporaneo e tutto verrebbe comunque eliminato una volta effettuato il riavvio del PC.
In questo senso è chiaro che l’idea di fondo è molto particolare e questo, naturalmente comporta sia dei lati positivi che dei lati negativi per gli utenti.
I principali vantaggi delle distribuzioni immutabili
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Tra i principali vantaggi di queste distribuzioni Linux abbiamo un maggior livello di sicurezza che protegge l’utente da qualsiasi modifica non autorizzata al sistema.
Nemmeno con i privilegi di amministratore è possibile effettuare alcun tipo di cambiamento e questo rende tale distro estremamente sicura da eventuali attacchi esterni.
Oltretutto questo sistema operativo è molto più semplice da gestire e qualsiasi aggiornamento (voluto o meno) verrà eliminato una volta riavviato il PC, con buona pace degli utenti più distratti che possono toccare inavvertitamente qualcosa che non dovrebbero.
Al fianco della semplicità nella gestione c’è anche una maggiore affidabilità del software che, non essendo modificabile, è tecnicamente protetto da errori e disservizi vari.
Una distro immutabile è un sistema molto più sicuro e più semplice da gestire e ogni cambiamento apportato dall’utente sparisce dopo il riavvio
Qualsiasi inconveniente, quindi, viene risolto in automatico al primo riavvio e tutto torna naturalmente come prima e con la stessa identica efficienza.
Anche il discorso sugli aggiornamenti cambia radicalmente e a ricevere l’update è l’intero sistema operativo come se si trattasse di un unico blocco che va trattato nella sua interezza.
Questa è una soluzione molto interessante perché in caso di errori il software si riavvia tranquillamente senza alcun problema tornando a come era prima.
Ciò accade perché durante l’aggiornamento viene “costruita” una nuova immagine di sistema su una partizione libera del disco rigido mentre l’utente continua a utilizzare la partizione attuale che, naturalmente, non viene toccata dall’update in modo da non essere compromessa in caso di errori.
Terminata l’installazione, semplicemente, il PC si riavvia partendo dalla nuova partizione senza passare, quindi, per quella vecchia che può anche essere eliminata.
Svantaggi delle distribuzioni immutabili
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Naturalmente una distribuzione immutabile ha anche degli svantaggi e, prima di optare per una soluzione del genere, è bene conoscere a fondo.
Ad esempio, il primo punto alla base di Linux è l’esperienza dell’utente nella scoperta di un sistema operativo open source così lontano da Windows.
Con una distro immutabile le cose possono essere più complesse rispetto a una versione canonica di Linux e, almeno inizialmente, la cosa può risultare difficoltosa e togliere un po’ di quel “piacere” nell’esplorare questo contesto innovativo.
L’esempio più calzante sono installazioni e aggiornamenti che, a ogni riavvio, vengono completamente rimossi (a meno che non si tratti di update di sistema richiesti dalla distro), questo in certi casi può risultare scoraggiante e, per chi è abituato a riavviare più volte il PC, magari dopo aver provato a installare software diversi, dover ricominciare ogni volta da zero può essere molto frustrante.
Utilizzare una distribuzione immutabile può essere complesso perché ha un funzionamento molto diverso dalla classica idea di sistema operativo e può portare fuori strada l’utente
In più non è possibile aggiungere nulla al sistema operativo e ciò vuol dire che la configurazione resta sempre quella prevista dal programmatore originale, limitando di molto la possibilità di personalizzazione (anche minima) del proprio PC.
Per aggiungere le varie applicazioni che non sono normalmente disponibili, ad esempio, bisogna installare una distro a parte e magari utilizzarla solo per una singola applicazione, immaginandola come se fosse una specie di contenitore.
Distro immutabili, esempi più comuni
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Questo discorso può sembrare complesso, eppure, in molti già utilizzano una distribuzione di Linux immutabile senza saperlo.
Uno degli esempi più comuni è SteamOS, la celebre interfaccia dedicata ai gamer (presente anche sulla console Steam Deck) che gira su Linux e che, ovviamente, non può essere modificata in alcun modo dall’utente che, in questo caso specifico, potrà solo giocare ai giochi nella sua libreria di Steam.
Chiaramente parliamo di un caso molto particolare e di solito questo tipo di distro viene utilizzato soprattutto in ambienti server dove sono necessarie delle configurazioni stabili, sicure e, ovviamente, immutabili per garantire sempre la massima efficienza.
Sono molte le distribuzioni immutabili che l’utente può provare sul proprio PC ma la più famosa è probabilmente SteamOS della celebre piattaforma per il gaming di Valve
Oltre a quelle appena citate che rappresentano dei casi (quasi) limite, ci sono altre distribuzioni immutabili che l’utente può provare per iniziare a muovere i passi in questo mondo.
Tipo NixOS che contiene al suo interno tutto il necessario per realizzare il proprio sistema operativo e creare tutti i sistemi di cui si ha bisogno, utilizzando esclusivamente funzioni e applicazioni già precaricate.
Oppure VanillaOS che permette di accedere a diversi sottosistemi come Arch, Fedora, openSUSE o Alpine e aiutare l’utente a installare programmi specifici disponibili solo in queste distribuzioni, immaginando ogni singola distro come se fosse una specie di “contenitore” di app.
Per saperne di più: Linux, caratteristiche e distribuzioni