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Come usare l’intelligenza artificiale per “tenere in vita” i propri defunti

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Tra le tante applicazioni che dell’intelligenza artificiale si possono fare nella vita di ogni giorno, permettere di dialogare con una persona defunta è tra quelle in fase di continua evoluzione ma che contemporaneamente genera grandi discussioni e interrogativi

Intelligenza artificiale per parlare con i propri defunti ipopba / Getty Images

La morte di una persona determina sempre un senso di vuoto nei suoi cari. La fase di elaborazione del lutto può diventare un momento lungo e difficile, doloroso e, per alcuni, insormontabile.

Per far fronte a queste situazioni, sono nate alcune startup il cui scopo è appunto quello di sviluppare sistemi per consentire un dialogo con il defunto e permettere così alla persona in vita di affrontare la fase del lutto.
Elemento comune a queste startup è l’utilizzo di moderne tecnologie di intelligenza artificiale che non solo sono in grado di apprendere modelli linguistici (i cosiddetti LLM, utilizzati per chatbot quali ChatGPT) ma possono anche combinarli con ulteriori funzioni quali la creazione di immagini in movimento e la riproduzione della voce della persona defunta.

Partendo così da testimonianze, ricordi, chat, mail, immagini, video, foto della persona, è possibile ricrearla virtualmente in modo che possa continuare ad esistere ed interagire anche dopo la sua morte.

You, Only Virtual

You, Only Virtual

Una delle applicazioni più note è quella di YOV (You, Only Virtual).

Nata da una esperienza di lutto personale del CEO Justin Harrison, questa startup si propone di ricostruire “l’essenza” della persona attraverso la raccolta di testimonianze scritte (esempio chat di whatsapp), audio e video.

Risultato finale è la creazione di una “Versona”, come viene chiamata questa identità virtuale, in grado di poter interagire via chat o addirittura con una conversazione video o telefonica con i parenti in vita.

Questo avatar è addirittura in grado di inviare messaggi di testo e telefonare di propria iniziativa.
Per poter “mantenere in vita” una Versona è necessario pagare un importo di 19.99$ al mese.
Si basano sugli stessi principi di raccolta e rielaborazione dei dati numerosi altri servizi offerti online che alimentano il fenomeno dei cosiddetti “griefbots”, i cloni virtuali di persone defunte.

In alcune applicazioni, il griftbot partecipa, materializzandosi in una immagine, al suo stesso funerale.

Memoark in Cina ha lanciato anche una applicazione per riportare in vita virtualmente anche i propri amici a quattro zampe defunti.

Re;memory

Deepbrain AI

Ma perché lasciare agli altri l’onere di dover creare una “Versona” quando invece la si può realizzare finchè si è in vita, lasciandola quasi come eredità ai propri cari?

Per rispondere a questo bisogno è nato, per esempio, il servizio di “Re;memory”: la persona che vuole essere ricordata, si sottopone ad una lunga intervista in videochiamata. Questa permetterà di registrarne la voce, i ricordi, le caratteristiche del volto, la mimica facciale. Frutto di tutto questo, sarà appunto la creazione di un avatar che potrà interagire con i vivi anche in videochiamata.
Il costo dell’avatar varia dai 12 ai 24 mila dollari. Inoltre ogni videochiamata ha un costo di 1200 dollari.

HereAfter

Simile è il funzionamento di HereAfter, un’applicazione scaricabile sullo smartphone che, tramite una lunga intervista, raccoglie i dati della persona che vuol farsi ricordare.

Tali dati potranno essere arricchiti anche da amici e parenti, collegati sempre all’applicazione, che potranno così contribuire alla creazione dell’avatar del futuro defunto.

HereAfter screenshot

Perché riportare in vita un defunto?

Quali sono i benefici di questo impiego delle tecnologie?
Sono davvero un aiuto nell’elaborazione del lutto?
Una parte degli esperti concorda sul valore positivo della rievocazione del defunto tramite il ricorso ai cosiddetti griefbots.

Un’altra parte invece sottolinea come il richiamo continuo della figura defunta, anche se attraverso la sua rappresentazione virtuale, peggiori o addirittura ostacoli il naturale processo di distacco

A questo si aggiungono diverse altre implicazioni, in primis la dipendenza psicologica che questo fenomeno potrebbe creare. 
Si deve inoltre considerare che l’avatar con cui si interagisce è “statico”, non evolve nel tempo e nelle relazioni con le persone; è inoltre dichiaratamente un falso, un’illusione.

Sotto il profilo etico inoltre il fenomeno apre il dibattito sulla linea di confine tra mondo reale e mondo virtuale.

Al di là di quelli che sono gli effetti che un griefbot crea sulla psiche umana, non sono da sottovalutare anche altri fattori,  in primis l’aspetto legale: l’uso di materiale prodotto in vita dal defunto e della sua immagine sono consentiti ed autorizzati? Occorre una specifica liberatoria? Chi ne detiene i diritti?

Il dibattito si fa ancora più pesante se ad essere coinvolte sono soprattutto personalità pubbliche e dello spettacolo. E’ infatti accaduto che siano stati creati ologrammi di noti cantanti defunti per animare alcuni concerti.
E’ infine da tenere in considerazione che dietro tutti questi ritrovati si nasconde sempre una finalità economica, di lucro, motivo per cui appare ancora più lecito nutrire dei dubbi sulla validità di questi ritrovati e sugli effetti di dipendenza che possono creare.

Scritto da:
Angela Lorusso
Business Process Professional
Un'archeologa prestata alla tecnologia.
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