Il nuovo fenomeno tecnologico dell’active listening trasforma in realtà una paura molto diffusa: il timore degli smartphone che ci ascoltano. E nelle ultime settimane si è molto parlato di active listening, scatenando una comprensibile inquietudine generalizzata.
Per fortuna la privacy e i dati personali degli utenti sono molto più al sicuro di quanto non sembri. Anche perché esistono regolamenti internazionali che proibiscono apertamente l’ascolto delle conversazioni private.
Al tempo stesso, le news e le pubblicità che mostravano una nuova tecnologia di ascolto attivo da parte di dispositivi mobile non sono passate inosservate. E anzi hanno attirato addirittura l’attenzione di colossi del settore quali Amazon e Google.
Cos’è e come funziona l’active listening
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Il termine “active listening”, nel suo utilizzo più generale, viene utilizzato per fare riferimento a una particolare tipologia di ascolto attivo. Più precisamente si parla di questo argomento nel momento in cui l’ascoltatore si pone l’obiettivo di comprendere a pieno il punto di vista del suo interlocutore.
L’ascolto attivo prevede un’attenzione profonda verso ciò che viene detto, ma non solo. In certi casi l’ascoltatore deve essere in grado di mettere in discussione le proprie credenze, per accogliere quelle dell’altro. In questo senso l’active listening prevede una vera e propria sospensione di giudizi personali pregressi.
L’active listening di cui sopra è senza ombra di dubbio una pratica virtuosa. Una tipologia di ascolto che si lega a doppia mandata alla comunicazione efficace. Anche perché è molto complicato trasmettere un qualsiasi messaggio in uscita se non si è disposti ad accogliere eventuali messaggi in entrata.
Quando si parla di tecnologia, l’active listening ha però un’accezione molto diversa, decisamente più preoccupante in termini di sicurezza e privacy. Una pubblicità che ha spopolato nelle ultime settimane del 2023 parla infatti di active listening facendo riferimento alla possibilità di raccogliere dati personali vocali in presa diretta.
In tecnologia l’active listening darebbe agli smartphone la possibilità di ascoltare le conversazioni ambientali.
In altre parole, stando a news e promo internazionali, gli smartphone ci ascoltano. Un’eventualità che ha turbato milioni di utenti in tutto il mondo, che sembra acclarata da uno studio pubblicato da 404 media.
La testata internazionale sostiene che alcuni team delle grandi corporate del marketing dispongono di tecnologie in grado di ascoltare le conversazioni ambientali. Utilizzano i microfoni di smartphone, tablet, smartwatch o smart TV per raccogliere dati personali. E utilizzano questi dati per creare annunci promozionali personalizzati.
Questo active listening permetterebbe dunque di inviare comunicazioni ad hoc, in base agli interessi del singolo utente. O se non altro in base a parole chiave che ha effettivamente pronunciato.
Se l’active listening fosse effettivamente operativo e diffuso, ogni conversazione privata potrebbe mettere a rischio la propria privacy. Ad esempio, sarebbe sufficiente dichiarare di essere interessati a un particolare prodotto o servizio, per poi vederlo apparire come per magia durante le proprie attività sul web.
L’active listening dei dispositivi mobile è possibile?
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Lo scenario secondo cui gli smartphone ci ascoltano nei nostri momenti privati è tutt’altro che rassicurante. Ma, per fortuna, non è detto sia veritiero al 100%. Le ragioni che portano esperti e addetti ai lavori a sospettare sono molteplici.
La prima: l’articolo descritto nei capoversi precedenti, che descriveva queste pratiche di active listening, è stato rimosso. E gli stessi protagonisti hanno fortemente ridimensionato la portata delle loro affermazioni.
La società di marketing in questione ha dichiarato che il servizio active listening non ha niente a che vedere con l’ascolto di conversazioni in presa diretta. Una presa di posizione che desta qualche perplessità, considerato che “active listening” significa letteralmente “ascolto attivo”.
Altrettanto degne di nota le secche smentite da parte di Amazon e Google, che venivano citate come aziende a conoscenza della tecnologia. Soprattutto Google ha dichiarato pubblicamente che Android continua a impedire la raccolta di audio senza autenticazione esplicita da parte dell’utente.
Una procedura imposta alle app del sistema operativo, proprio per tutelare la privacy degli utenti. Ed evitare che trasformino (inconsapevolmente) i loro dati personali in materiale con cui alimentare sponsorizzazioni non desiderate.
Inoltre è importante sottolineare che esistono limiti legali precisi, che impediscono a gruppi industriali più o meno rilevanti di registrare le parole degli utenti a loro insaputa.
Come evitare di essere ascoltati dallo smartphone
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Arrivati a questo punto è lecito chiedersi non solo se gli smartphone ci ascoltano. Ma anche quanto lo fanno, come lo fanno e, ultimo ma non ultimo, con quali finalità lo fanno.
Quando si parla di grandi aziende che vendono milioni di pezzi tra software e hardware è lecito rispondere che no, gli smartphone non ci ascoltano. A meno che non chiediamo loro di farlo.
Si pensi in tal senso a servizi di assistenti vocali come Siri o Alexa, che hanno bisogno di registrare le parole dell’utente per capire come rispondere alle sue richieste.
In linea di principio anche queste registrazioni non dovrebbero trasformarsi in un accesso non richiesto a dati personali. Ma ci sono alcune eccezioni di cui tenere conto. Ad esempio Apple ha spesso ammesso di trattenere circa lo 0,2% delle registrazioni di Siri. Una registrazione in forma anonima, effettuata per migliorare la qualità del servizio.
Allo stesso tempo non è possibile garantire che app sviluppate da produttori poco noti siano altrettanto affidabili. Purtroppo esistono centinaia di software che sfruttano il microfono di un dispositivo per trasformare le conversazioni di utenti inconsapevoli in dati personali preziosi.
In conclusione non esiste certezza assoluta che nessun software utilizzi i microfoni dei device per registrarci. Ma farlo è sicuramente illegale, oltre che molto complesso e molto costoso. Ed è difficile pensare che i grandi colossi internazionali della tecnologia mettano a repentaglio il loro monopolio per infrangere le regole in maniera così sfacciata.
Per saperne di più: Sicurezza informatica: guida alla navigazione sicura sul web