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Satoshi Nakamoto, il rebus dietro l'ideatore di Bitcoin

Nonostante la sua invenzione faccia continuamente parlare di sé, si sa ben poco sulla reale identità di Satoshi Nakamoto. Ecco tutte le ipotesi più accreditate

È lui Satoshi Nakamoto?

Mentre possiamo non sapere esattamente chi sia – le ipotesi sulla sua reale identità sono molteplici – sappiamo esattamente cosa ha fatto. È stato l'inventore del protocollo Bitcoin, pubblicandone le specifiche tecniche in un articolo diffuso nel novembre 2008 attraverso la mailing list "Cryptography Mailing List". Nei mesi successivi lavorò alla messa in pratica delle linee guida presenti nell'articolo, sino a rilasciare la prima versione del client Bitcoin nel 2009. Collaborò allo sviluppo del protocollo e dei software di mining sino al tardo 2010, quando fece definitivamente perdere le sue tracce "per dedicarsi ad altro".

A sei anni circa dalla sua comparsa sul web, cela ancora la propria identità dietro uno pseudonimo apparentemente invalicabile. Tutti lo conosco con il nome di Satoshi Nakamoto ed è celebre in tutto il mondo – digitale e non – per aver dato vita alla moneta digitale per eccellenza.

È giapponese?

Anche se tutti gli indizi sembrano portare verso questa pista, è meglio non lasciarsi andare a facili conclusioni. La persona che ha creato il protocollo Bitcoin ha fatto in modo che, in circa sei anni, non trapelasse nessuna informazione sulla sua identità. Sarebbe davvero strano, insomma, se avesse utilizzato il suo nome reale o uno pseudonimo che ricondurrebbe facilmente alla sua area geografica di provenienza.

 

Bitcoin

 

Il fatto stesso di riferirsi a Satoshi Nakamoto con il singolare maschile ("lui") è una mera convenzione: non c'è alcuna certezza, infatti, che non possa trattarsi di una programmatrice donna o di un gruppo di programmatori riunito sotto un unico "cartello".

Si sa chi sia Satoshi Nakamoto?

No, anche se sono state avanzate decine di ipotesi, tutte a loro modo plausibili. Il giornalista del New Yorker Joshua Davis ha studiato diverse interviste trovate online a Nakamoto e, analizzando oltre 80mila parole, è giunto alla conclusione che potesse trattarsi di Michael Clear, studente di Scienze Informatiche presso il Trinity College di Dublino ed esperto di crittografia. Altro papabile è Vili Lehdonvirta, sociologo ed economista di origine finlandese con un passato da programmatore per videogames. Entrambi, però, si sono affrettati nello smentire le supposizioni di Joshua Davis.

L'analista Adam Penenberg ha invece supposto che dietro allo pseudonimo nipponico si celassero Neal King, Vladimir Oksman e Charles Bry. Penenberg è giunto a questa ipotesi effettuando delle ricerche su Google utilizzando spezzoni del primo articolo su Bitcoin. È riuscito così a scoprire che la frase "computationally impractical to reverse" era presente anche all'interno di un brevetto sulla diffusione di chiavi crittografiche registrato a nome dei tre informatici. Le coincidenze non si fermano però qui: il dominio bitcoin.org venne registrato tre giorni dopo la presentazione di questo brevetto presso un domain register finlandese, Paese dove uno dei tre informatici visse per sei mesi per motivi lavorativi.

 

Jed McCaleb

 

Altri pensano che si tratti dello sviluppatore Martii Malmi; altri ancora puntano il dito verso Jed McCaleb, amante della cultura nipponica e creatore del servizio di pagamento in Bitcoin Mt. Got. Un'altra teoria coinvolge gli scienziati informatici Donal O'Mahony e Michael Peirce, autori di un articolo sui pagamenti elettronici e studenti del Trinity College di Dublino (come Michael Clear). Più recentemente i due studiosi del Weizmann Institute Dorit Ron e Adi Shamir hanno ipotizzato che possa esserci un collegamento tra Bitocoin, Satoshi Nakamoto e la Silk Road, il più grande mercato nero del deep web.

Nel maggio 2013 il pioniere del web Ted Nelson tirò in ballo un altro nome, supponendo che dietro lo pseudonimo si potesse nascondere il matematico giapponese Shinichi Mochizuki. Anche se lo stesso Nelson ha ammesso che le prove a carico di questa ipotesi sono tuttalpiù circostanziali.

 

Una vecchia foto di Satoshi Nakamoto

 

Gli ultimi ad iscriversi a questa speciale caccia all'uomo (o al fantasma) sono stati i giornalisti del settimanale statunitense Newsweek. Nel febbraio 2014 Leah McGrath Goodman è giunta al signor Dorian Satoshi Nakamoto, sessantaquattrenne statunitense d'origine giapponese, residente a Temple City, in Californi. Al di là delle supposizioni giornalistiche, il signor Nakamoto si è affrettato a smentire la giornalista del Newsweek, tirando in ballo avvocati e denunciando la giornalista.

La pista australiana

Tra il dicembre 2015 e il gennaio 2016 la versione statunitense della rivista Wired lancia una nuova ipotesi a proposito dell'identità di Satoshi Nakamoto. Stando ad alcuni indizi e prove raccolte dai redattori della rivista tecnologica, dietro lo pseudonimo giapponese dovrebbe invece nascondersi uno studioso australiano con un bagaglio di esperienze nel campo dell'economia, della statistica e della programmazione (lui stesso ammette di avere lauree in economia e statistica e un paio di dottorati).

 

 

Tutte le strade (almeno in questo caso) conducono a Craig Steven Wright, anonimo studioso autraliano capace apparentemente di celare il ruolo svolto sino a oggi nella creazione del protocollo Bitcoin e nella gestione della sua Blockchain. Le supposizioni, ovviamente, non sono campate in aria ma si basano su una serie di prove che la rivista avrebbe ricevuto da una fonte anonima.

La "pistola fumante" dello stretto legame tra Wright e la creazione del protocollo Bitcoin sarebbe rappresentato da tre post del blog personale dello studioso australiano datati agosto 2008 (prima del lancio ufficiale della criptomoneta), novembre 2008 e gennaio 2009. Ma andiamo con ordine. Nella prima delle tre pubblicazioni, Wright fa riferimento alla sua intenzione di lanciare, di lì a breve, una criptomoneta in tutto e per tutto simile a Bitcoin. Nel novembre 2009, invece, invita chiunque volesse mettersi in contatto con lui a utilizzare una chiave crittografica PGP riconducibile a Satoshi Nakamoto (la firma PGP chiesta da Wright è legata all'indirizzo di posta elettronica satoshin@vistomail.com, molto simile al satoshi@vistomail.com utilizzato dall'ideatore di Bitcoin per inviare le sue prime comunicazioni). Nel post datato gennaio 2009, Wright annuncia il rilascio appena avvenuto in versione beta di Bitcoin. Oltre ai tre post, la fonte anonima fornisce anche copie di messaggi di posta elettronica, trascrizioni ed estratti conto che confermerebbero lo stretto legame tra Satoshi Nakamoto e Craig Steven Wright.

 

Il post con cui Wright annuncia il rilascio di Bitcoin

 

Restano, tuttavia, alcuni dubbi sulla veridicità delle informazioni raccolte dalla rivista statunitense. Come evidenzia lo stesso redattore, infatti, tutte le prove sembrerebbero delle tracce create ad arte proprio per condurre a Wright. I tre post, in particolare, fanno sorgere più di qualche dubbio su un reale collegamento tra lo studioso australiano e il creatore di Bitcoin. Tutti e tre, infatti, sono stati modificati dopo la loro presunta data di creazione per aggiungere particolari relativi alla creazione della criptomoneta. La chiave PGP riconducibile a Satoshi Nakamoto, tanto per fare un esempio, è stata inserita nel post solo nel 2013, mentre il post in cui si annuncia il rilascio della beta di Bitcoin (apparentemente risalente al gennaio 2009) è stato cancellato e ripubblicato tra l'ottobre 2013 e il giugno 2014.

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Insomma, i dubbi restano e l'identità di Satoshi Nakamoto, anche in questo caso, resta avvolta nel mistero.

È ricco?

Secondo alcuni, gran parte dei primi bicoin sono stati "portati alla luce" proprio da Satoshi Nakamoto e, stando alle quotazioni del passato, la sua fortuna "virtuale" potrebbe aver anche passato il miliardo di dollari.

 

Bitcoin e denaro

 

Oggi, con le quotazioni di Bitcoin al ribasso, il suo patrimonio dovrebbe aggirarsi a diversi milioni di dollari.

Dietro Satoshi Nakamoto si nasconde qualche Governo?

I teorici della cospirazione non possono fare a meno di crederlo. Lo pseudonimo nasconderebbe qualche organizzazione – o qualche singolo – manovrato da un non meglio identificato Governo o organizzazione governativa. Quello che non si capisce, in questo caso, è perché un'agenzia governativa avrebbe dovuto creare una moneta digitale che sarebbe stata utilizzata successivamente per attività illecite e che tanti problemi e grattacapi avrebbe creato ai Governi mondiali – statunitense in particolar modo – e alle varie FBI e CIA.

A cura di Cultur-e
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