Un fenomeno sociale che, per come lo conosciamo, nasce nel Giappone del boom tecnologico degli Anni '80, ma che ha oggi degli "omologhi" un po' in tutto il mondo, Italia compresa. Un fenomeno preoccupante, che porta all'alienazione e all'estraneazione dalla società di una consistente fetta i giovani, che finiscono prima col rinchiudersi in sé stessi e poi rinchiudersi nel "buio" di quattro mura (solitamente la loro cameretta). Ci riferiamo al fenomeno degli hikikomori (in Giapponese) o neet (acronimo di Not in Education, Employment or Training), adolescenti (uomini, nell'80% dei casi) incapaci di reggere la pressione sociale e il confronto con gli altri che finiscono per avere come unica finestra sul mondo lo schermo del loro computer.
Chi sono gli hikikomori e neet
Il termine hikikomori identifica uno stato di isolamento e alienazione sociale piuttosto diffuso in Giappone. Chi ne soffre? Giovani uomini (per l'80% almeno) sotto i trenta anni, che hanno abbandonato la scuola e non hanno un lavoro, né capacità tecniche o conoscitive che potrebbero permettergli di trovarne uno a breve. Per questo motivo, si recludono nella propria stanza, nella casa dei genitori, e passano il tempo leggendo riviste, guardando la televisione e navigando in Internet. Come indica l'etimologia del nome (hikikomori può essere tradotto con la locuzione "tagliato fuori dalla società", "escluso dalla società"), gli hikikomori vivono una vera e propria situazione di esclusione sociale, solitamente tollerata dai genitori, soprattutto per vergogna e per il disonore che potrebbe ricadere sulla famiglia stessa.
Una condizione che ha il suo equivalente europeo (e occidentale in genere) nei neet, persone solitamente giovani e molto giovani che non sono impegnati né a scuola, non lavorano né seguono corsi di formazione professionale. Un fenomeno in crescita anche nel nostro Paese, dove ormai se ne contano (secondo stime, ovviamente) alcune centinaia di migliaia. Anche loro, come i loro coetanei giapponesi, vivono una situazione di forte sofferenza psicologica e finiscono per "rintanarsi" in un mondo tutto loro. L'unica finestra verso l'esterno è rappresentata dallo schermo del computer.
Sindrome da dipendenza da Internet
Un rapporto così stretto che, secondo la Società Italiana di Psichiatria, si può arrivare a parlare di "Sindrome da dipendenza da Internet", spesso e volentieri accompagnata da una sorta di dipendenza dal gioco online. Alcuni sintomi più di altri aiutano a capire se si soffre di questa sindrome. Se si trascorrono più di 8 ore al giorno di fronte al monitor del computer (non per motivi di lavoro, ovviamente) oppure si preferisce la compagnia dei personaggi di qualche videogame online (magari un MMORPG) rispetto a quella delle persone in carne e ossa, allora le probabilità che si sia affetti dalla sindrome sono molto elevate.
I social come valvola di sfogo
Molti esperti fanno notare come la Rete, e i social in particolare, siano una sorta di valvola di sfogo grazie alla quale attenuare la pressione social e la sensazione di inadeguatezza che spinge i ragazzi verso l'isolamento del mondo esterno. Al tempo stesso, però, i social rappresentano un nuovo canale attraverso il quale fare nuove conoscenze e? socializzare. I neet e gli hikikomori, infatti, sono soliti ritrovarsi tra di loro online e discutere delle loro giornate, delle loro sofferenze e delle loro vite. In questo modo i rapporti sociali sono più gratificanti e meno angoscianti: secondo gli psicologi nella dimensione virtuale i giovani ottengono le gratificazioni che la vita reale ha negato loro e passano così ore e ore a chattare e chiacchierare online.
(aggiornato il 12 gennaio 2017)