Finora ci si è sempre preoccupati dello spazio che stampa e telegiornali garantivano all'una o all'altra parte, con tanto di paragoni in fatto di righe o articoli dedicati da quotidiani e riviste, minuti di "comparsata" in telegiornali o trasmissioni televisive, interviste rilasciate a emittenti radiofoniche sia nazionali sia locali. Oggi la situazione è estremamente mutata: la sempre più marcata presenza di social network ha "democraticizzato" la comunicazione politica, offrendo a tutti un nuovo modo (e nuovi canali) attraverso i quali entrare in contatto con elettori e supporter.
C'è un elemento, però, che nessuno (o quasi) aveva mai tenuto in considerazione: la SERP (acronimo di Search Engine Page Results, "pagina dei risultati del motore di ricerca" in italiano). Alcuni ricercatori statunitensi, infatti, hanno tentato di dimostrare quanto i risultati di ricerca possano influenzare l'opinione degli utenti, sino a far cambiare idea su argomenti anche piuttosto delicati (intelligenza artificiale, estrazioni petrolifere e omosessualità, ad esempio).
Un potere "latente" che potrebbe però giocare un ruolo decisivo in caso di consultazioni politiche. La SEO, insomma, potrebbe giocare un ruolo di prim'ordine nelle elezioni presidenziali USA e nel referendum costituzionale italiano: scalando posizioni nella SERP, i comitati elettorali dell'una o dell'altra parte potrebbero portare i cittadini a mutare le loro opinioni e, infine, il voto. Insomma, in senso lato si potrebbe addirittura arrivare a ipotizzare che a scegliere il prossimo Presidente USA saranno i motori di ricerca: vedere per credere.
Colpa dei SEME
Alla base della teoria elaborata da Robert Epstein e Ronald Robertson, due psicologi comportamentisti statunitensi, troviamo il SEME (pronunciato "siim" e acronimo di Search Engine Manipulation Effect, "Effetto manipolatorio dei motori di ricerca" in italiano), ovvero la capacità dei motori di ricerca e dei risultati da questi prodotti di influenzare l'opinione degli internauti/cittadini.
Dalle ricerche condotte dai due psicologi statunitensi (su un campione di più di 10mila persone di 39 nazionalità differenti) emerge chiara la potenza – nascosta, nella gran parte dei casi – dei motori di ricerca. Già alla prima ricerca, tra il 25% e il 36% degli intervistati (la differenza di percentuale dipende dall'argomento trattato) è pronto a mutare il proprio atteggiamento o le proprie convinzioni a seconda dei risultati mostrati dal motore di ricerca.
Più alto, più autorevole
In questo processo riveste particolare importanza la posizione occupata dalla pagina all'interno della SERP. Solitamente, hanno notato Epstein e Robertson, sono i risultati che occupano le prime posizioni ad avere il maggior potere di influenzare le persone.
Secondo gli stessi utenti, infatti, un link in prima o seconda posizione è più autorevole di un altro che occupa la quinta, la decima o la ventesima posizione: questo conferisce immediatamente un "alone" di verità al risultato, indipendentemente dal suo contenuto e da chi lo abbia realizzato.
Altre possibili forme di "manipolazione"
Secondo gli studiosi statunitensi, però, il SEME non è che l'inizio della storia. Il web è letteralmente pieno di strumenti in grado di manipolare l'intenzione di voto degli elettori e giocare un ruolo decisivo tanto nelle elezioni USA o nel referendum italiano, quanto nella scelta del Sindaco di una piccola città o del consigliere di zona di un quartiere.
I social network sembrano avere lo stesso potere di convincimento sui propri utenti. Nella prima metà del 2016, ad esempio, alcuni dirigenti Facebook hanno dovuto ammettere che le notizie che appaiono nel news feed possono essere in qualche maniera "indirizzate" per influenzare le decisioni e le opinioni degli utenti del celebre social network. L'obiettivo era quello di far apparire (e allo stesso tempo far scomparire altre) alcune notizie sulle bacheche di una fetta di iscritti e provare, in questo modo, a influenzare la loro intenzione di voto.