Probabilmente ci avete già fatto caso da soli, ma la maggior parte della pubblicità che visualizzate sui siti web sembra fatta apposta per voi. Tentiamo di spiegarci meglio: ogni banner pubblicitario che incontrate nella vostra navigazione quotidiana sembra “leggervi nel pensiero” visualizzando esattamente il prodotto o il brand che vi interessa. Se avevate iniziato a credere che Internet riuscisse anche a capire i vostri gusti e volesse “gentilmente” offrirvi dei suggerimenti, non ci siete andati troppo lontani. Semplicemente, siete testimoni di quella che in gergo viene chiamata Online Behavioral Advertising (OBA), ovvero pubblicità tracciante. Questa tipologia di pubblicità sfrutta una serie di tecnologie e tecniche online che permettono di aumentare l’efficacia delle campagne pubblicitarie attraverso l’analisi dei dati di navigazione dell’utente. I siti internet nei quali viaggiate tengono traccia – ad esempio attraverso i cookie – delle vostre visite, delle vostre ricerche e delle pagine visualizzate all’interno del sito. Questi dati, strettamente personali e di grande valore, vengono poi collezionati e rivenduti ad agenzie di marketing che li utilizzano per “indirizzare” la pubblicità giusta verso l’utente giusto. Ma questa tecnica pubblicitaria ha gravi ripercussioni sulla privacy degli utenti, e in molti hanno tentato di adottare contro-tecniche per difendersi dall’invadenza dei pubblicitari, prime fra tutte il Do Not Track e la navigazione anonima.
Il behavioral targeting, una delle tecniche utilizzate per creare pubblicità tracciante, permette di collezionare i dati di navigazione storici che rispondono a caratteristiche ben precise. Innanzitutto sono storici, ovvero tengono presente anche la vostra navigazione passata; sono individuali, ovvero possono essere ricondotti a un singolo utente sul quale poi “indirizzare” una determinata tipologia di pubblicità; sono semantici e sono in real-time.
Tutte queste caratteristiche, però, hanno messo in cattiva luce (per usare un eufemismo) questa tecnica pubblicitaria. Soprattutto per i problemi legati alla privacy degli internauti. Così, dal 2007, negli Stati Uniti un gruppo di attivisti per i diritti civili sta portando avanti una battaglia contro il behavioral advertising. Questa protesta ha portato alla creazione dello standard Do Not Track, un particolare protocollo di navigazione che impedisce ai siti di tenere traccia dei tuoi dati. Tutti i maggiori browser – Internet Explorer, Mozilla Firefox, Safari, Opera e per ultimo Google Chrome – hanno implementato questo protocollo, che è possibile attivare dalle impostazioni avanzate. Microsoft, scatenando l’ira delle agenzie pubblicitarie e dei maggiori brand mondiali, ha attivato di default la funzione Do Not Track in Internet Explorer 10, ultima major release del suo browser. Se, però, non si vuole attivare il Do Not Track, ci sono anche altre modalità con cui evitare di farsi “schedare” dai siti web su cui si naviga. Una di queste è il private browsing o navigazione anonima. Ogni browser, infatti, permette di aprire una sessione di navigazione in incognito, con la quale far perdere le tracce dei propri spostamenti sul web. Dei siti web e delle pagine web visitate non rimarrà traccia né nella cronologia locale, né nei cookie. Quindi eviterete di regalare i vostri dati di navigazione alle agenzie di pubblicità tracciante.