Tutto iniziò nel lontano 1973. La NASA, l'agenzia spaziale statunitense, era nel pieno della corsa allo spazio con i rivali sovietici ed aveva da poco mandato i primi esseri umani sulla Luna. Nonostante ciò – sottolineava qualche responsabile regionale – ben poco si riusciva a fare per eliminare i problemi legati al traffico. Fu così che Jack Nillies, ingegnere aerospaziale, ebbe l'illuminazione: perché non ideare un metodo che permetta di lavorare direttamente da casa? Eliminando il traffico causato dai pendolari lavorativi, pensava giustamente Nillies, si riuscirebbero a bypassare buona parte degli ingorghi stradali e dei problemi ad essi legati.
L'ingegnere della NASA coniò il termine telecommuting (tradotto in italiano con la parola telelavoro) e ne stabilì le fondamenta teoriche e, in parte, anche pratiche. Il primo esempio di lavoro da casa si materializzò nella seconda metà degli anni '70, quando Nillies riuscì a convincere un'agenzia assicurativa ad aprire piccole sedi distaccate nelle vicinanze dei vari agenti in modo che questi potessero andare a lavoro a piedi o, tuttalpiù, in bicicletta. Si era ancora nell'era pre-informatica e le possibilità del telelavoro erano piuttosto limitate. Nel momento in cui i primi personal computer iniziarono a sbarcare sul mercato e fare capolino negli uffici delle grandi aziende statunitensi, sembrava che la strada per il telelavoro fosse ormai spianata.
I fatti, però, dimostrarono e continuano a dimostrare che non è così.
Regresso hi-tech
Per molti la parola high tech, alta tecnologia, fa rima con progresso tout court. Anzi, alcuni sembrano utilizzarli indistintamente come fossero sinonimi. Nulla di errato, almeno fino a quando non si entra nel campo del telelavoro. In questo caso l'hi-tech sembra essere irrimediabilmente ancorato alle vecchie tradizioni.
Per Apple, ad esempio, la segretezza è un valore fondante e fa di tutto affinché i suoi dipendenti lavorino esclusivamente dalle loro postazioni in ufficio. Google, nelle sue varie sedi, offre pranzo e cena gratuitamente, in modo da persuadere i lavoratori a passare gran parte della giornata in sede. Tra i suoi primi provvedimenti in qualità di CEO di Yahoo!, Marissa Mayer richiese ai telelavoratori di presentarsi più spesso in sede, così da creare spirito di squadra.
L'esempio Wordpress
Dall'altro lato della barricata, invece, troviamo Automattic, la software house di Matt Mullenweg “responsabile” dello sviluppo di Wordpress. Pur avendo un quartier generale – nel cuore di San Francisco – tutti i 230 dipendenti svolgono il loro lavoro da casa: nessuna scrivania, nessuna stanza per le riunioni, nessun cartellino da timbrare. La società offre una doppia possibilità a tutti i lavoratori: 250 dollari al mese per affittare una scrivania in uno spazio di coworking, oppure 3.000 dollari una tantum per realizzare la postazione di lavoro dei sogni direttamente a casa.
Fatta eccezione per poche decine di dipendenti che hanno “piantato” la loro tenda nella città californiana, gli altri sono sparsi in ben 170 città di tutto il mondo. “Un modo perfetto – afferma Mullenweg – per riuscire a lavorare con le persone più intelligenti al mondo”.
Opportunità non sfruttata
A quaranta anni esatti dalla sua teorizzazione il lavoro da casa resta, fatta eccezione per qualche esempio virtuoso, un'intrigante opportunità non sfruttata adeguatamente. Secondo gli ultimi dati raccolti negli Stati Uniti, ad esempio, solamente 3,3 milioni di lavoratori – equivalente al 2,6% della forza lavoro totale – non ha bisogno di muoversi da casa per poter lavorare. Altri 50 milioni di impiegati, sempre secondo i dati raccolti dall'istituto Global Workplace, avrebbero un impiego compatibile con il telelavoro. Nel caso in cui lavorassero “appena” due giorni e mezzo da casa anziché spostarsi verso il luogo di lavoro, non verrebbero immesse nell'aria ben 51 milioni di tonnellate di gas serra: sarebbe come se l'intera forza lavoro di New York smettesse di recarsi a lavoro per un anno intero.
Il dilemma della ricchezza del mezzo
Due i fattori che sostanzialmente frenano i datori di lavoro. Da un lato troviamo l'impossibilità di tenere sotto controllo i dipendenti che svolgono la loro attività al di fuori dall'ufficio; dall'altro ci sono gli effetti della “Teoria della ricchezza del mezzo” (media richness theory in inglese). Mentre il primo fattore può apparire autoevidente, il secondo ha necessariamente bisogno di una spiegazione. Nonostante gli sviluppi tecnologiciabbiano favorito il lavoro da casa – videoconferenze con Skype, scambio di messaggi con WhatsApp e altre app di messaggistica istantanea, meeting di lavoro su Hangouts, scambio di email, ecc – il contatto umano sarebbe ancora un fattore determinante nella buona riuscita del lavoro.
“Quando si è nella stessa stanza – afferma Roy Hirsland, CEO di una società di consulenza californiana – ci si può guardare diritto negli occhi e studiare le espressioni facciali. Quando si condivide uno spazio di lavoro, questo si carica automaticamente di energia positiva”. Questa dichiarazione fa comprendere a pieno quale sia l'enunciato sotteso della teoria della ricchezza del mezzo: lavorando a stretto contatto si riesce a dare il meglio di sé, spinti dalla voglia di primeggiare e dal confronto con i colleghi. “Le videochiamate hanno vantaggi indiscutibili, primo fra tutti quello della mobilità. Ciò non esclude, però, che siano carenti sotto il punto di vista della vividezza dell'esperienza” afferma Matthew Lombard, professore della Temple University.
I vantaggi del telelavoro
Il lavoro da casa non gioverebbe esclusivamente all'ambiente. Per il datore di lavoro i vantaggi sarebbero sostanzialmente due: maggiore produttività da parte dei lavoratori da casa rispetto a quelli in ufficio (alcune ricerche condotte in Cina mostrano un aumento della produttività del 16%) e notevoli risparmi sia sui costi diretti (come ad esempio l'affitto o l'acquisto di spazi per gli uffici), sia su quelli indiretti. I lavoratori, invece, godrebbero di una maggiore flessibilità organizzativa e della possibilità di adattare i propri impegni lavorativi a quelli della vita privata.
Gli svantaggi del telelavoro
D'altro canto, però, il mondo del telelavoro non è fatto di sole luci. I datori di lavoro, ad esempio, sono ancora frenati dal cosiddetto “deficit logistico”: l'inesistenza di uno spazio fisico da condividere limita le procedure di controllo e un feedback a flusso continuo su quantità e qualità del lavoro. I dipendenti, invece, percepiscono il lavoro da casa come qualcosa di forzatamente precario, con annessi dubbi sulle prospettive di crescita professionale e criteri di remunerazione.
Il caso italiano
Come spesso accade quando di mezzo c'è l'alta tecnologia, l'Italia fa capitolo a sé. Purtroppo, in senso negativo. Se negli Stati Uniti il futuro del telelavoro sembra non essere roseo, nel nostro Paese si tinge di tinte fosche, tendenti al grigio scuro. Le cifre rilevate da una ricerca Manageritalia sono impietose: mentre nei Paesi dell'Unione la media di telelavoratori è del 6,1% (con punte del 16% in Danimarca e cifre simili negli altri Paesi nordici), in Italia appena il 3,6% dei dipendenti ha la possibilità di lavorare lontano dall'ufficio. Il nostro Paese paga lo scotto di infrastrutture tecnologiche inesistenti, un sistema economico composto in gran parte da micro-aziende e un vulnus normativo che non incentiva questa modalità di lavoro.
L'Italia, inoltre, paga anche ritardi di carattere culturale. “Il telelavoro c’è già, esiste e fa parte della vita quotidiana di tanti di noi, ma non ci sono regole formali che lo istituzionalizzino – dice Domenico De Masi, professore di Sociologia del Lavoro presso l'Università La Sapienza di Roma –. L’azienda, che è stata uno dei maggiori driver degli ultimi cento anni, è oggi il grumo più invincibile di conservatorismo”.
I vantaggi per il sistema Italia
E dire che ce ne sarebbero di ragioni per incentivare questa forma di lavoro. Vantaggi economici in testa. Secondo una ricerca condotta dalla School of Management del Politecnico di Milano, le aziende italiane potrebbero risparmiare ben 37 miliardi annui con l'introduzione di forme di telelavoro più efficaci. Un terzo circa di questa cifra (10 miliardi di euro) deriverebbe da risparmi diretti; gli altri 27 miliardi di risparmi sarebbero il frutto dell'incrementata produttività dei dipendenti (+5,5% rispetto ai colleghi in ufficio). Anche i lavoratori ne gioverebbero: potrebbero risparmiare circa 4 miliardi di euro ogni anno (550 euro pro capite).