Fu lo psicologo Stanley Milgram nel 1969 a teorizzare con un esperimento sociale la teoria del mondo piccolo, meglio conosciuta come teoria dei sei gradi di separazione. Il ricercatore statunitense prese spunto da una teoria formulata da uno scrittore ungherese nel 1929 il quale asseriva che qualsiasi persona poteva essere collegata ad un'altra attraverso una catena di relazioni non più lunga di cinque intermediari. Lo psicologo dimostrò la teoria facendo spedire dei pacchetti da alcuni ragazzi del Midwest a un indirizzo sconosciuto nel Massachusetts, utilizzando solamente le loro conoscenze personali. Il buon risultato dell'esperimento ha dimostrato l'esattezza della teoria dei sei gradi separazione. A quarant'anni di distanza, con l'avvento dei social network, la teoria può tornare di nuovo in voga, mettendo, però, in pericolo la privacy delle persone.
Tenere al sicuro i propri dati personali quando si naviga su un social network e si postano foto o aggiornamenti di stato è sempre molto complicato. Inoltre, da quando è stata introdotta la geolocalizzazione dei post (tramite Google Maps), per gli utenti è molto più semplice scoprire dove una persona abita o lavora. Per prevenire possibili problemi legati alla privacy è necessario tenere sempre sotto controllo i permessi richiesti dalle applicazioni e dai social network: se possibile è necessario disabilitare la geolocalizzazione inerente i post pubblicati.
Bastano otto tweet per sapere dove abiti
Una ricerca internazionale che ha visto la partecipazione di studiosi dello MIT di Boston e dell'Università di Oxford ha evidenziato i problemi legati alla privacy e alla geolocalizzazione dei post pubblicati sui social network. L'esperimento si è focalizzato sulla piattaforma Twitter e ha dimostrato che bastano solamente otto tweet per la geolocalizzazione di un utente, riesumando la teoria dei sei gradi separazione. Il paper denominato "I Know Where You Live: Inferring Details of People's Lives by Visualizing Publicly Shared Location Data" e presentato all'ultima conferenza internazionale dell'Association for computing machinery ha ricevuto anche la menzione d'onore e ha fatto nascere un dibattito tra gli esperti sulla sicurezza dei dati personali degli utenti durante la navigazione sui social network.
I risultati dell'esperimento
Il test ha preso in considerazione i tweet pubblicati da persone dell'area di Boston e poi sono stati sottoposti a quarantacinque volontari (persone comuni senza nessuna specializzazione in statistica, urbanistica o scienze sociali): l'obiettivo era riuscire a risalire alla località in cui le persone abitavano o lavoravano. La ricerca ha dimostrato che bastano semplicemente otto tweet pubblicati all'interno di una giornata per risalire all'esatta posizione: tutto ciò è favorito dalla geolocalizzazione dei post, funzione che può essere facilmente disabilitata dal menu Impostazioni presente nello smartphone.
L'esperimento ha evidenziato anche altre criticità legate alla privacy degli utenti: Google Maps non solo ha facilitato gli spostamenti delle persone ma ha anche semplificato la loro geolocalizzazione. A ogni tweet può essere ricollegato un luogo preciso, ricostruendo la giornata di ogni utente sparso per il globo.
Aumentano le informazioni, aumenta la probabilità di scoprire la posizione
L'esperimento è proseguito sottoponendo ai volontari tutti i tweet scritti dagli utenti nell'arco di tre e cinque giorni. I risultati hanno mostrato alcune particolarità: con una quantità di informazioni di tre giorni, per i volontari era più complicato riuscire a capire l'esatta posizione degli utenti; al contrario con i tweet di cinque giorni aumentava la correttezza delle risposte degli utenti.
Le informazioni sono state presentate ai volontari in tre modalità differenti: sotto forma di mappa statica di Google Maps, una versione animata della cartina con i punti toccati dagli utenti e un semplice elenco di con i luoghi e gli orari dei tweet.
Problemi di privacy su Facebook
Twitter non è l'unico social network che deve fronteggiare problemi legati alla privacy delle persone. Facebook con il suo miliardo di iscritti ha più volte cambiato le regole inerenti la sicurezza dei propri dati personali, scontrandosi anche le autorità statunitensi. Dopo l'iscrizione al social network è necessario leggere attentamente le Impostazioni sulle privacy e disabilitare la geolocalizzazione. Infatti in molti non sanno che i loro post vengono geolocalizzati ed è possibile risalire esattamente alla loro posizione: dove lavorano, dove vivono e i pub dove escono con i propri amici.
Punti oscuri
La ricerca ha evidenziato i punti oscuri dei social network, luoghi sempre più frequentati dagli utenti ma che minano la sicurezza dei propri dati personali. Oltre a disabilitare la funzione per la geolocalizzazione, è necessario mettere in pratica altre azioni per la protezione della propria privacy. Facebook, Twitter, LinkedIn, Snapchat, Google Plus raccolgono ogni giorno migliaia di informazioni sui propri utenti, per poi utilizzarle per la profilazione e la vendita di pubblicità.
Il Garante della privacy ha redatto un vademecum da seguire per proteggere la propria privacy: anche se pensiamo di conoscere alla perfezione le impostazioni dei social network, in realtà c'è sempre qualche punto oscuro che prova a minare la sicurezza dei nostri dati personali.