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Pellicola addio, il cinema si fa digitale

Numerosi i motivi che hanno portato alla decisione. Dai minori costi di produzione, alla maggiore longevità del supporto digitale rispetto alla pellicola

Niente più pellicola per i cinema italiani

Il 31 dicembre 2013 doveva essere il giorno dello switch-off. Il giorno in cui, anche in Italia, si sarebbe realizzato il passaggio definitivo dal cinema analogico al cinema digitale. In realtà, le cose non sono andate esattamente così: nonostante il diktat arrivato per tempo dal Governo, sono ancora molte le sale cinematografiche italiane ad essere rimaste ancorate ai vecchi proiettori con pellicola da 35mm. Ritardi causati essenzialmente da problemi di natura economica: molte delle sale cinematografiche italiane sono ancora gestite a livello familiare o volontaristiche e non tutti hanno risorse a sufficienza per aggiornare la dotazione tecnologica del cinema.

 

Un proiettore utilizzato nei cinema digitali

 

Nonostante queste difficoltà e una percentuale di penetrazione in linea con la media europea (il 70% circa dei cinema italiani avevano effettuato il passaggio alla data del 31 dicembre), il completamento del passaggio al digitale s'ha da fare. E in tempi brevissimi.

Il perché del passaggio

A spingere verso questa direzione ci sono due ragioni, una d'ordine tecnologico l'altra di ordine economico e gestionale. Prima di tutto, non ci sono più pellicole. Fujifilm e Kodak hanno sospeso – in tempi diversi – la produzione delle pizze, costringendo le troupe cinematografiche a girare con i fondi di magazzino che riuscivano a reperire. Ora che le scorte sono terminate o quasi, tutte le produzioni hanno effettuato il passaggio dalla registrazione su pellicola da 35mm al formato digitale (ottenendo, tra le altre cose, notevoli risparmi economici e temporali in fase di montaggio). La pellicola, inoltre, pone problemi sotto il punto di vista conservativo: al di là dei problemi e i disagi legati al trasporto, la pellicola si rovina molto in fretta. Dopo una settimana di proiezione, una pizza presenta gravi segni d'usura, mentre la proiezione in formato digitale causa molti meno danni.

 

Archivio di pellicole

 

Ci sono poi da tenere in conto le motivazioni prettamente economiche. Come accennato, produrre un film in formato digitale costa molto di meno rispetto ad una produzione analogica: una copia di un film realizzato in pellicola da 35mm può arrivare a costare sino a 2.000 euro, nove copie in formato digitale dello stesso film costano poco più di 300 euro. Allo stesso modo, le attrezzature per realizzare un film in digitale – dalle telecamere ai carrelli – costano molto meno rispetto ai macchinari necessari per girare un film analogico.

La produzione digitale, inoltre, comporta notevoli vantaggi anche in fase di produzione: la registrazione su supporto digitale anziché su pellicola necessita di molta meno luce e permette di posizionare molte più telecamere all'interno del set. In questo modo le riprese possono avvenire contemporaneamente da più punti di vista, permettendo di accorciare i tempi necessari per la registrazione del film. Gli stessi interventi in post produzione possono essere più incisivi e diretti, dando così maggiore libertà di “movimento” quando si è sul set.

Come funziona il cinema digitale

Se con la tecnologia analogica la pellicola era il sole al centro dell'universo cinematografico, oggi il nuovo sole è rappresentato dal Digital Cinema Package (DCP), una collezione di file digitali – solitamente grandi diverse decine di gigabyte – contenenti i flussi dati audio e video del film.

 

Una unità DCP

 

Il termine DCP è stato stabilito dalla Digital Cinema Initiative, un consorzio di produttori cinematografici internazionali che nel 2005 si è occupato di stabilire quali dovessero essere gli standard del nascente cinema digitale. Solitamente ogni DCP è strutturato in una serie di file MXF (Material exchange format), utilizzati per contenere le informazioni video ed audio oltre a file ausiliari in formato XML. Ogni file viene sottoposto ad un processo di codifica e compressione così che non occupi troppo spazio sui dischi rigidi: per le immagini viene utilizzato l'algoritmo JPEG2000, mentre l'audio è codificato secondo gli standard PCM. I file così ottenuti vengono infine criptati (utilizzando un algoritmo AES a 128 bit), così da evitare che possano essere “recuperati” e utilizzati per scopi illegali – proiezioni non autorizzate o diffusione sui canali p2p.

Queste operazioni sono necessarie anche per facilitare il trasporto dei film in formato digitale. Una volta finito questo “trattamento”, i film digitali sono salvati all'interno di particolari hard disk – solitamente i CRU DX115 – noti per la loro affidabilità e resistenza. Gli hard disk, formattati con file system EXT2 o EXT3, vengono poi recapitati direttamente alla sala di proiezione, dove verranno utilizzati per caricare il film all'interno del server che gestisce l'impianto di riproduzione.

 

9 febbraio 2014

A cura di Cultur-e
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