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La Legge di Moore è vicina al capolinea?

Nel 1965 Gordon Moore formulò una legge dell'elettronica tuttora valida: il numero di transistor per ogni chip raddoppierà ogni due anni circa. Cinquanta anni dopo, qual è lo “stato di salute” della legge?

Gordon Moore

 

Era il 19 aprile 1965 e Gordon E. Moore, allora direttore del Laboratorio di Sviluppo e Ricerca della Fairchild Semiconductor, pubblicava sulla rivista Electronics Magazine un articolo che provava a preconizzare gli sviluppi futuri nel campo dei circuiti integrati. In questo articolo, dopo aver analizzato lo “stato dell’arte” nel campo dell’elettronica integrata, formulava quella che venne poi rinominata “Legge di Moore”, prevedendo che per il 1975 sarebbe stato possibile “strizzare” ben 65.000 componenti in un singolo chip di silicone. Ma la parte più interessante dell’articolo era, per l’appunto, quella relativa alla Legge, che più o meno recitava così: “Il numero di transistor presenti in un singolo processore raddoppia ogni due anni circa”. Moore, che nel 1968 avrebbe fondato assieme a Robert Noyce la Intel Corporation, ricavò questa legge da dati empirici e, a 50 anni circa dalla sua formulazione (e 2 o 3 ere geologico/informatiche dopo), è ancora valida. Ma fino a quando?

Probabilmente nemmeno lo stesso Moore avrebbe mai previsto che la sua legge sarebbe restata valida così a lungo. Venne formulata nella preistoria dell’informatica e dell’elettronica moderna e il suo potere previsionale, almeno inizialmente, non sembrava essere così potente. In molti, dunque, si sono dovuti ricredere. Ma ora sono in molti a pensare che questo potere si stia via via esaurendo. Per colpa dei limiti fisici cui la produzione di semiconduttori e circuiti integrati sta andando incontro. Attualmente ci si sta muovendo verso il processo produttivo a 22 nanometri (questo vuol dire che vengono stampati circuiti elettrici a 22 nanometri di distanza l’uno dall’altro; un nanometro corrisponde a un miliardesimo di metro, ovvero un milionesimo di millimetro) e ben presto si dovrebbe passare al processo produttivo a 16 nanometri.

 

 

Ma il processo di produzione sul silicio, attualmente utilizzato nella produzione dei processori e dei circuiti stampati, sta raggiungendo il suo limite fisico. C’è chi dice che oltre gli 11 nanometri sarà impossibile continuare a stampare circuiti elettrici. Invece c’è chi prevede, come il fisico sperimentale Michio Kaku, che il limite fisico del silicio sia attorno ai 5 nanometri: oltre quella soglia, i circuiti si surriscalderebbero eccessivamente e diventerebbe impossibile mantenere un sistema stabile. Secondo il professor Kaku questa soglia verrà raggiunta al massimo nel giro di un decennio (c’è invece chi prevede che venga raggiunta molto prima, entro il 2014) ed è quindi tempo di trovare delle alternative al silicio per la produzione di processori e semiconduttori.

 

 

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Negli ultimi anni, ad esempio, il carbonio sta trovando sempre maggior applicazione nel campo dei processori, anche se ancora non a livello industriale. Strade alternative potrebbero essere rappresentate dai cosiddetti computer molecolari, dai computer ottici o da quelli quantistici. Nel frattempo un team di ricerca internazionale formato da ricercatori della University of New South Wales, della Purdue University, della University of Melbourne e della University of Sydney hanno spinto al limite, a loro modo di vedere, la legge di Moore. Hanno infatti realizzato un transistor formato da un singolo atomo di fosforo. “È una magnifica dimostrazione di come si possa controllare la materia per realizzare oggetti effettivamente funzionanti. Quando 60 anni fa venne realizzato il primo transistor, nessuno poteva prevedere l’importanza che l’informatica avrebbe avuto nella nostra vita quotidiana. Stiamo ora entrando in un nuovo paradigma scientifico, dove la meccanica quantistica promette un simile sconvolgimento tecnologico”.

 

30 novembre 2012

A cura di Cultur-e
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