Gli open data sono dati che possono essere liberamente utilizzati, riutilizzati e ridistribuiti da chiunque – soggetti, al massimo, all'obbligo di attribuzione e di condivisione allo stesso modo. Questa la definizione con cui l'Open Definition, consorzio internazionale che si occupa di fornire criteri in relazione alla libertà e apertura relativa a dati, contenuti e servizi software, ha stabilito quali banche dati possano essere considerate aperte e quali no.
Gli obiettivi del movimento open data possono essere ricondotti, a grandi linee, a quelli degli altri movimenti “open” (open source, open hardware, open content, open access). La filosofia alla base di questo movimento affonda le proprie radici nel passato, anche se il termine open data è molto più recente. Deve la sua fama, infatti, alla sempre maggiore diffusione di Internet e del web in particolare. Oggi, inoltre, è sempre maggiormente associato al cosiddetto open government (governo aperto), la pratica – solitamente governativa – che rende liberamente consultabili dati e indici relativi allo “stato di salute” dei vari Paesi. In Italia, ad esempio, è attivo da oltre due anni il portale dati.gov.it, dal quale poter accedere e scaricare le banche dati aperte relative al nostro Paese.
Caratteristiche chiave
Affinché un set di dati possa rientrare nel novero degli open data deve avere delle caratteristiche specifiche, che permettano di distinguerlo nettamente da quelli non aperti. I dati devono essere accessibili nel loro complesso a un ragionevole costo di riproduzione. Preferibilmente devono essere scaricabili dalla Rete e disponibili in un formato adatto e modificabile. Queste banche dati devono essere distribuite con licenze che ne permettano il libero utilizzo e la libera ridistribuzione. Non deve esserci, infine, alcuna discriminazione nella libertà di utilizzo dei dataset: chiunque deve poterli utilizzare, indipendentemente dallo scopo con cui vi accede.
Interoperabilità
In questo ambito, la parola open assume un significato ben preciso: quello di interoperabilità. Sistemi o organizzazioni differenti devono essere in grado di utilizzare in maniera diversa le stesse banche dati, mantenendo immutata la possibilità di condividere e incrociare i risultati ottenuti elaborando i dati.
Le organizzazioni, insomma, devono poter cooperare sfruttando metodologie di lavoro differenti, così da poter creare insieme di dati sempre più grandi e complessi.
Perché gli open data
Sono tre i motivi fondamentali che aiutano a spiegare il perché dietro la filosofia degli open data: trasparenza, creazione di ricchezza sociale e commerciale, partecipazione e coinvolgimento.
In una società funzionante e democratica, i cittadini hanno bisogno di sapere cosa stia facendo chi li governa. Perciò hanno bisogno di poter accedere, liberamente e senza ostacoli di sorta, a dati e informazioni governative. Devono, inoltre, poter condividere e ridistribuire questi dati, così da poterne dare la maggior diffusione possibile. La trasparenza, infatti, non riguarda solamente l'accesso, ma anche il riuso e la ridistribuzione delle banche dati che i Governi mettono a disposizione dei cittadini.
I dati, inoltre, sono una risorsa chiave per le attività economiche e sociali dei nostri tempi. Ci troviamo a vivere, infatti, in una sorta di evo digitale, dove tutto e tutti hanno bisogno di accedere ad una mole sempre maggiore di dati per poter creare e diffondere ricchezza sociale e commerciale.
Gli open data, infine, garantiscono un maggior grado di partecipazione e coinvolgimento dei cittadini. Mettondo loro a disposizione i dati relativi all'attività governativa – così come vorrebbe la filosofia dell'open government – i cittadini potrebbero partecipare in maniera più diretta nelle pratiche amministrative e avere una maggiore incisività nel processo decisionale.
I campi di applicazione degli open data
Sono due i campi in cui gli open data trovano maggiore applicazione: quello scientifico e quello governativo. In ambedue i casi, infatti, l'utilizzo di un formato dati aperto, condivisibile e riutilizzabile garantisce un maggiore coinvolgimento delle rispettive comunità – quella scientifica e quella cittadina – nel processo creativo e amministrativo.
In ambito scientifico, il concetto di dati accessibili pubblicamente e liberamente risale alla seconda metà degli anni '50. Da allora sono stati creati molti World data center, centri di “stoccaggio” di informazioni scientifiche provenienti dalle fonti più disparate. Nel 2004 i Paesi aderenti all'OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) sottoscrissero un accordo per la pubblicizzazione dei dati contenuti in tutti gli archivi finanziati da fondi pubblici,
In ambito governativo, la pratica della pubblicizzazione e diffusione dei dati è molto più diffusa e nota. La filosofia dell'open government ha contagiato gran parte dei Paesi sviluppati e industrializzati, che mettono a disposizione dei cittadini i dati governativi. Questo per un duplice obiettivo: l'accesso non garantisce solamente un maggior coinvolgimento e una maggiore partecipazione dei cittadini al processo decisionale ma permette lo sviluppo e la creazione di servizi rivolti al cittadino da parte di enti, istituzioni e privati.
Una lista dei cataloghi di open data resi disponibili da enti e organizzazioni locali, nazionali e sovranazionali è disponibile presso il portale open source Data Catalogs.