Prima di arrivare sul mercato ed essere installati nei nostri computer, smartphone e tablet, software e applicazioni devono passare attraverso diversi stage di sviluppo, molti dei quali sconosciuti agli utenti finali. Uno di questi è il cosiddetto modello black box, che consente di verificare che il prodotto finale compia le operazioni per le quali è stato concepito e realizzato. Si tratta di uno degli ultimi test che un software o un'app deve passare prima di essere dichiarata completa e distribuita secondo i canali ufficiali.
Che cosa sono le black box nella teoria dei sistemi
Il modello black box, però, non appartiene solo al mondo della programmazione, ma è una delle fondamenta della teoria dei sistemi. Similmente a una scatola nera – una black box, per l'appunto – questo sistema permette di verificare che, partendo da condizioni iniziali date, si ottengano dei risultati precedentemente teorizzati. Il tutto senza poter "vedere" ciò che accade all'interno della black box stessa: i passaggi e i processi interni alla scatola nera, insomma, restano ignoti a chi è chiamato a verificare l'esattezza del risultato finale.
Questo perché, nell'analisi del comportamento dei sistemi complessi ciò che conta è l'aspetto macroscopico piuttosto che quello "particolare": piuttosto che soffermarsi sulle modalità di funzionamento degli "ingranaggi" interni, ci si sofferma ad analizzare che i risultati ottenuti siano quelli attesi.
Come funzionano le black box nella programmazione
Come accennato, il modello black box trova applicazione anche nel campo della programmazione. Nello specifico, le scatole nere "macinano" gli algoritmi che formano il software e restituiscono i risultati dipendenti dalle condizioni di partenza impostate da un programmatore. Quest'ultimo, poi, dovrà verificare che i risultati ottenuti siano corrispondenti a quanto si era previsto in fase di analisi preliminare. In tutto questo processo, lo sviluppatore non analizzerà neanche una riga del codice sorgente del programma in analisi, ma si limiterà a controllare che tutto proceda come previsto e che il risultato finale sia proprio quello atteso. Solitamente, infatti, i software forniti per il test sono a codice sorgente chiuso e non possono essere modificati da chi conduce le verifiche: una precauzione per evitare che altri possano copiare il codice proprietario ma anche un'accortezza utile per rendere impossibile "manomettere" il codice influenzando così gli esiti del test.
A cosa servono le black box nella programmazione
Lo scopo di questi sistemi appare dunque chiaro: verificare che tutto fili liscio e che il software o la app sia pronta per il rilascio al grande pubblico ottenendo una "certificazione" di sicurezza ed affidabilità da parte di terzi (ad esempio da società specializzate nel settore) senza rischiare di farsi copiare il codice e perdere così il frutto del proprio sudato lavoro. Se i risultati ottenuti corrisponderanno alle previsioni, il programma è certificato e pronto per la distribuzione; in caso contrario vorrà dire che gli algoritmi contengono qualche errore e ci sarà bisogno di un ulteriore giro di debugging (verifica e correzione di eventuali bug nel codice sorgente) prima della pubblicazione sul mercato.