Telefonini, telefono portatile, cellulare. Ora anche smartphone. Questi sono alcuni dei nomi con cui identifichiamo uno degli oggetti tecnologici che più utilizziamo in assoluto. Il telefonino, per l’appunto. E, se per tre di questi quattro nomi l’origine è abbastanza ovvia, ce n’è uno che potrebbe far sorgere qualche dubbio. Come mai, infatti, lo chiamiamo anche cellulare? Da dove arriva questo nome che sembra essere più adatto alla descrizione anatomica di una parte del nostro corpo piuttosto che per un oggetto hi-tech? È presto detto: deriva dalla particolare tecnologia comunicativa utilizzata per mettere in contatto due differenti dispositivi.
La telefonia mobile, infatti, utilizza una particolare tecnologia radio formata da un network di ripetitori chiamati cellule. Questi ripetitori sono dislocati sulla terra ferma e ognuno di essi trasmette su una frequenza radio differente, così da non provocare interferenze in fase di trasmissione e ricezione del segnale e garantire un’ampiezza di banda sufficiente per la comunicazione. Quando questi ripetitori o celle vengono collegati tra di loro a formare una rete, riescono a coprire una vasta area geografica e permettono ad un gran numero di dispositivi (telefonini, smartphone, ecc.) di comunicare tra di loro.
In un sistema di comunicazione cellulare, il territorio è diviso in celle di forma regolare, solitamente esagonale, ognuna delle quali è coperta da un differente ripetitore. Ad ognuno dei ripetitori viene assegnata una frequenza in un determinato range e ogni cella ha una frequenza differente rispetto alle celle adiacenti. In questo modo, come detto, viene assicurata una migliore copertura del territorio assicurando un’ampiezza di banda sufficiente.
Nell’ambito della telefonia mobile, il sistema di comunicazione cellulare ha subito varie modifiche nel corso degli anni. La cosiddetta 0G risale a metà degli anni ’80 (gli albori della telefonia mobile, praticamente) e lavorava sulla banda di frequenza dei 450 MHz. La prima generazione della telefonia mobile (o 1G) è la pioneristica tecnologia TACS o ETACS, mentre per la rete GSM (Global System for Mobile communication) bisognerà attendere la seconda generazione o 2G. Pochi anni dopo arriva il momento del GPRS (o 2.5G) e i nostri cellulari iniziano finalmente a trasmettere dati tramite commutazione dei pacchetti. Con la terza generazione o 3G arriva il momento dell’UMTS e della trasmissione dati ad alta velocità anche per i dispositivi mobili. Un ulteriore step evolutivo è rappresentato dalla tecnologia HSDPA o 3.5G, che permette di raggiungere la velocità di 42Mbps in download. L’ultimo step evolutivo (per il momento) è la cosiddetta LTE o 4G, da poco sbarcata anche in Italia. Promette velocità da capogiro – teoricamente fino ai 300 Mbps -, ma per un’ampia diffusione bisognerà attendere almeno un anno.